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A Berlino le prime crepe del rigore tedesco

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Divergenze Merkel «colomba» nei confronti della Grecia. Schaueble guida il fronte dei «falchi» La stampa resta diffidente: «Cacciate Atene fuori dall'euro». Ma senza accordo sarà il disastro

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a.E rendere meno forte la pressione del diktat rigorista sui paesi che stanno pagando la rigidità teutonica nell'affrontare la crisi del debito. Niente ha scalfito la linea di Berlino finora sulla necessità di imporre manovre lacrime e sangue prima di concedere aiuti ai paesi più in difficoltà. Finora il governo tedesco è stato monolitico nella ricetta. La caduta nella polvere della purezza della classe dirigente tedesca con le dimissioni del presidente della repubblica Wulff hanno probabilmente minato alla base il principio dell'ortodossia contabile a tutti i costi. Così ora a Berlino qualche crepa sul capitolo Atene ora c'è: lo ha ricordato la stampa tedesca ma anche il Financial Times ha parlato di divisioni. Da una parte il falco Schauble orientato a lasciar fallire gli ellenici (paventando il rischio che altri soldi dei contribuenti tedeschi vadano bruciati) dall'altro la Merkel più aperta al salvataggio. Il pericolo che la crisi dell'euro diventi un disastro globale che vedrebbe come colpevole solo la Germania ha sicuramente modificato la posizione della Cancelliera. E le divergenze prima solo accennate si sono evidenziate. Fratture che la Germania ha cercato di sminuire, ribadendo l'unità di vedute, si è affrettato a far sapere il portavoce della Merkel. Ma che rilanciano la diffidenza e non solo (la Bild si spinge nel suo online a titolare «Cacciate finalmente i greci dall'euro!) di Berlino nell'operazione. E in vista di lunedì - quando l'Eurogruppo è chiamato a sbloccare i 130 miliardi di euro di aiuti (con l'ipotesi ancora aperta di trattenerne una parte fino alle elezioni di aprile) - Papademos è in febbrile contatto con le diplomazie economiche europee e proseguirà le «consultazioni» anche nelle prossime ore «per creare un clima positivo e dissipare i dubbi che potrebbero contrastare l'accordo». Oltre alla telefonata Merkel-Monti, ieri ha parlato anche con il primo ministro olandese Mark Rutte. Perché tra gli ossi più duri ci sono proprio i paesi targati «tripla A» (Germania, Olanda, Finlandia), quelli che cioè avrebbero più da perdere se Atene disattendesse gli impegni presi. Ma all'ombra dell'ottimismo - supportato anche da fonti Ue che parlano di «forte fiducia» ed escludono l'ipotesi di un fallimento dell'accordo - restano alcuni dubbi e timori: i tagli previsti potrebbero non bastare al taglio del debito (che secondo l'ultimo rapporto della troika sarebbe destinato al 129% sul Pil nel 2020, contro al tetto fissato al 120%) e l'Eurogruppo sta studiando come riempirlo, spiegano fonti Ue parlando di «varie piste aperte». Anche se un segnale importante arriva dalla Bce che sembra aprire ad una ristrutturazione del debito. E che ieri ha lanciato un messaggio con un'operazione di scambio di titoli di Stato greci in suo possesso con nuovi bond (operazione che però ha registrato il voto contrario della tedesca Bundesbank). Segnale chiaro, secondo gli operatori, che l'intesa è alle porte visto che questa mossa evita che l'Eurotower accetti un «haircut» sui titoli in portafoglio in vista anche dell'accordo tra Atene e i creditori privati. Il vecchio continente si prepara a un week end cruciale. Perché il default di Atene - è lo slogan di sempre - sarebbe il fallimento di tutti.

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