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Alemanno: non mi dimetto

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Il premier Monti non firma la candidatura di Roma alle Olimpiadi di Roma 2020

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La prima doccia fredda era arrivata alla vigilia della riunione del Consiglio dei ministri che avrebbe deciso se dare il via libera alla candidatura olimpica di Roma. La nota del governo che smentiva il sindaco Gianni Alemanno sull'incontro fissato per l'indomani aveva già reso il clima capitolino molto più cupo. Anche se, alle 13 esatte di ieri, quando Alemanno insieme ai vertici del mondo sportivo, ha varcato la soglia di Palazzo Chigi, le speranze per il sì al sogno olimpico erano più vive che mai. Un ultimo sogno, infranto in poco più di due ore. Amarezza e rabbia al "no" di Monti hanno fatto annullare la conferenza indetta dal sindaco per commentare lo «schiaffo capitale». In mezzo le voci di "dimissioni" di Alemanno, poi smentite. Probabile che in un impeto di nervosismo il sindaco abbia pensato a compiere un atto politico talmente forte che avrebbe forse costretto il Pdl a chiedere la testa di Monti. Una "riflessione" durata quasi un'ora ha sancito poi la parola fine ai rumors che volevano elezioni anticipate nella Capitale. Un tam tam di telefonate, dal presidente della Repubblica Napolitano, al segretario Alfano ai capigruppo in Senato e alla Camera, Gasparri e Cicchitto e persino qualche precisazione richiesta ai ministri presenti in Consiglio, considerato che la decisione è stata "unanime". Poi la nota. Diplomatica ma al tempo stesso durissima. «Prendiamo atto della decisione del Governo di non sostenere la candidatura di Roma come sede dei XXIII Giochi olimpici e paraolimpici del 2020 - dice Alemanno - il presidente Monti, incontrando i vertici del Comitato promotore, ha espresso un grande apprezzamento per il nostro progetto, ma nel contempo una forte preoccupazione per il rischio di esporre l'Italia sul versante finanziario. Io rispetto queste considerazioni ma non le condivido. Rinunciare a una candidatura vincente, sostenuta da un progetto di ottimo livello tecnico e di grande sobrietà economica, significa non scommettere sul futuro dell'Italia. Ringrazio tutta la città che ci ha sostenuto in questa sfida, a cominciare dal Comitato promotore e dai suoi presidenti Letta e Pescante. Ringrazio il Coni, a partire dal presidente Petrucci, per il grande lavoro che abbiamo svolto insieme. Esprimo infine apprezzamento per tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione che hanno lealmente sostenuto questa candidatura, come le forze imprenditoriali e sociali che si sono impegnate anche sul versante finanziario. Queste energie e queste risorse - ha poi concluso il sindaco - sono un solido fondamento per rilanciare la nostra città su nuovi progetti che diano una prospettiva di sviluppo e di speranza per le nuove generazioni. Ci domandiamo adesso quale sia il progetto di sviluppo di questo governo». La vicenda del "no" alla candidatura capitolina (la prima volta nella storia delle Olimpiadi) non finirà con le dichiarazioni di Monti, di Alemanno, o dei veritici del Coni e del Cio. Il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto ha infatti chiesto al governo di riferire in Parlamento. Il suo "collega" al Senato Maurizio Gasparri parla di «delusione e amarezza» e definisce il governo «poco coraggioso». Così come duro è stato il commento del segretario Pdl, Angelino Alfano: «È un'occasione sprecata. Non può passare l'idea che l'Italia sia un Paese senza fiducia e senza speranza nel futuro». Forte delusione anche dei presidenti di Regione e Provincia. «Dal governo Monti è arrivato un segnale deludente - dice la governatrice Polverini -. Ci saremmo aspettati più coraggio come quello mostrato dalle istituzioni, dalle forze politiche, dalle tante associazioni, dai sostenitori del mondo dello sport e della cultura che in questi mesi hanno sostenuto con forza la candidatura di Roma». Amarezza per il presidente della Provincia Nicola Zingaretti: «Comprendo lo spirito della decisione del governo in un momento di estrema difficoltà del Paese. Resta comunque l'amarezza perché si poteva perseguire il sogno olimpico senza sprechi e con investimenti che, se ben gestiti, avrebbero portato opportunità e lustro al Paese». Cambio di pelle, invece, da parte di autorevoli esponenti dei partiti «che sostengono il governo» e che solo 24 ore prima del Consiglio dei ministri avevano presentato mozioni di sostegno alla candidatura di Roma. Sorprende dunque la responsabile sport del Pd, Anna Paola Concia che l'altroieri annunciava la mozione di sostegno del suo partito a Roma 2020 e il giorno dopo ha dichiarato: «Quella del premier Monti è stata di certo una scelta sofferta ma evidentemente, dopo aver letto con attenzione le carte e aver valutato il rapporto costi-benefici, la decisione è stata inevitabile. Del resto devo umilmente far notare che noi del Pd da oltre un anno stiamo ripetendo al sindaco Alemanno e al Comitato Promotore che quel progetto non era sostenibile sotto diversi profili». Per il segretario Bersani: «Il governo ha preso una decisione meditata, che rispettiamo, l'importante adesso è che questa scelta venga letta come segno di responsabilità e non di sfiducia in noi stessi». L'ex sindaco Walter Veltroni, (che puntò su Roma 2012 fermandosi prima) ammette che la scelta del governo è inevitabilmente un colpo all'immagine della città ma il contesto finanziario del paese avrebbe fatto apparire poco coerente un impegno in tal senso». Attacca il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, secondo cui «un governo tecnico non ha titolo per occuparsi di qualcosa che avverrà nel 2020, deve occuparsi dei problemi dell'oggi». Appoggio pieno a Monti da parte di Pier Ferdinando Casini, secondo cui «il premier aveva davanti due strade: un sì facile e un no difficile. Ha scelto la strada della serietà». Il sogno olimpico è finito prima di cominciare e il risveglio rischia di essere più complesso che mai.

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