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Riforme in bilico, Pd e Pdl si "studiano"

L'aula del Senato

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Difesa del bipolarismo. No ad ammucchiate. No a coalizioni senza vincoli programmatici. Sì alla riduzione del numero dei parlamentari. Sì a maggiori poteri al premier per nominare e revocare i ministri. E, infine, via libera alla sfiducia costruttiva. Con questi concetti si può sintetizzare il risultato che a fine giornata hanno prodotto i vertici bilaterali organizzati dal Pdl con il Terzo polo e con Sel. Due incontri durante i quali la delagazione pidiellina ha potuto confrontarsi con le altre forze politiche sulle proposte di riforma, sia elettorale che costituzionale. E mentre i partiti cercavano di trovare la quadra, al Senato si concludeva con un niente di fatto l'accordo che avrebbe dovuto stabilire l'eventuale agenda dei lavori parlamentari per varare le riforme. Per quel che riguarda le posizioni dei partiti, Pdl e Terzo polo hanno concordato sulla definizione di una legge elettorale che restituisca ai cittadini la libertà di scegliere i parlamentari «e non obblighi a coalizioni politicamente forzate e senza vincoli programmatici». Inoltre le due delegazioni hanno puntato sulla necessità di varare riforme costituzionali «che riducano il numero dei parlamentari, avviino il superamento del bicameralismo perfetto, diano al premier la possibilità di nominare e revocare i ministri, introducano il principio della sfiducia costruttiva». Collaborazione che invece il Pdl non ha trovato incontrando il coordinatore nazionale di Sel Gennaro Migliore: «C'è una discussione seria rispetto alla legge elettorale. Ma io resto diffidente: visto che abbiamo promosso un referendum per abolire il porcellum, vogliamo che si faccia davvero una nuova legge. In particolare chiediamo che prima di andare a votare siano già stabilite coalizioni e candidati, per evitare sorprese». Ma è lo stop del Senato che rispecchia tutte le difficoltà del caso visto che sono proprio Pdl e Pd ad essersi divisi. «Mi sembra che non ci sia la dovuta consapevolezza da parte di tutti i gruppi politici di fare con urgenza la riforma della legge elettorale che per noi resta una priorità assoluta ed è quello che dobbiamo fare da qui alla fine della legislatura», ha spiegato Anna Finocchiaro. Per la presidente del Pd al Senato, inoltre, «non conta se questo cambiamento lo farà per primo il Senato o la Camera, l'importante è che si faccia». All'opposto, Maurizio Gasparri ha spiegato che «il processo di riforma ha tre capitoli: la riforma costituzionale, il cambiamento della legge elettorale e la modifica dei regolamenti parlamentari. Nel frattempo crediamo che debba andare avanti e arrivare a conclusione l'iniziativa assunta dal Pdl sul fronte politico sulla riforma elettorale e della Costituzione». Ma quello che ancora più ha coinvolto Palazzo Madama è stata la discussione sulla convocazione di una capigruppo congiunta di Camera e Senato, sollecitata da Pier Luigi Bersani. Una richiesta che il Senato sarebbe orientato a bocciare. Intanto anche Gianfranco Fini è tornato a spingere per la riforma augurandosi «vivamente che ci sia presto una nuova legge elettorale» perché, «difendendo l'esistente si difende l'indifendibile». Ottimismo manifestato anche da Pier Ferdinando Casini che su un social network ha commentato: «Finalmente l'alba di una nuova stagione: l'accordo Pdl-Pd fa ben sperare. Lavoriamo per unire l'Italia dopo anni di polemiche e liti che ci hanno messo in ginocchio!». Ma anche lo stesso Pier Luigi Bersani è tornato a tendere la mano su un esito positivo delle trattative chiedendo di «lavorare con serietà» perché «non si può andare a votare con questa legge elettorale che ha provocato un disastro. Noi ci presentiamo flessibili, voglio vedere se anche altri lo fanno». E se la Lega ormai sembra essere l'unico partito pronto ad alzare le barricate e a barattare l'alleanza alle Amministrative con il Pdl in base a che legge elettorale verrà fatta, Angelino Alfano rasserena gli animi: «Non vogliamo fare una legge contro la Lega».

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