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Manovra: prima le liberalizzazioni Monti rimanda la riforma del lavoro

Il premier Mario Monti

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SuperMario arriva alla tanto attesa «fase due». Scopo del gioco: far ripartire il Paese. Difficoltà: alta. E i tempi sono quelli dettati da uno spread che continua a salire. Il presidente del Consiglio si è messo subito al lavoro, ma non intende far tutto da solo. Sa che la posta in palio è troppo alta. «L'ottimismo iniziale ha lasciato spazio a un più efficace realismo - dice chi lo ha incontrato - Non è assolutamente scoraggiato, sia chiaro, pensa a una svolta, ma ha bisogno della collaborazione di tutti». Ecco perché il professore chiama i partiti. Poco importa che Pdl e Pd rispondano optando per il metodo dei «colloqui bilaterali» con il governo - volendo evitare che i propri elettori pensino anche per un solo istante che la tanto temuta "ammucchiata", alla fine, sia stata fatta - e il Terzo polo tenti di infilarsi in una improbabile «cabina di regia» che faccia gli interessi del Paese (della «nazionale», per dirla con Pier Ferdinando Casini, perché è il momento di dire «basta alle magliette di uno o dell'altro colore). Quello che conta è buttar giu una tabella di marcia che sia credibile. Ecco il piano: liberalizzazioni e misure per la crescita «nei prossimi tre mesi». Misure per far ripartire l'Università e la Ricerca. Tempi «più lunghi» - data la complessità dell'argomento - per la riforma del mercato del lavoro. Questo il timing dell'azione di governo prospettata dal professore ai partiti. I leader incontrano Monti a palazzo Chigi, tra un impegno del premier e l'altro (Consiglio dei ministri di oltre tre ore compreso). Il segretario Pdl Angelino Alfano e i capigruppo al Senato e alla Camera, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, arrivano di buon mattino per fare il punto della situazione e capire l'agenda del governo per l'avvio del 2012, all'indomani del varo di una manovra «indispensabile», ma che lascia l'amaro in bocca sul versante del carico fiscale. Messi in sicurezza i conti, il Pdl preme perché la fase due sia avviata quanto prima, al meglio, ma soprattutto, come dice Gasparri, con un confronto «arioso e sereno in Parlamento». E questo anche sulla modernizzazione della disciplina del lavoro che va fatta con il dialogo sociale, evitando «uscite mediatiche» che rischiano di irrigidire le posizioni. Chiaro il riferimento all'intervista del ministro Fornero che ha fatto divampare inutilmente le polemiche sulla possibile riforma dell'articolo 18. Quanto alle liberalizzazioni la ricetta  del Pdl è quella di evitare gli aspetti settoriali, che si tratti di farmacie, taxi o altro, e di concentrarsi sul quadro più ampio: energia, trasporti, servizi pubblici locali. La testa è concentrata sull'Italia, ma gli occhi del Pdl sono puntati anche sull'Unione europea. Se il segretario Alfano sintetizza il colloquio nella richiesta di «un confronto col governo per stimolare la crescita e lavorare per far sentire più forte la voce dell'Italia in Europa», il presidente dei deputati Fabrizio Cicchitto mette in chiaro che il punto dolente è rappresentato da un «direttorio franco-tedesco che va superato». L'auspicio è che si arrivi a una riforma dei trattati per quanto riguarda il sistema fiscale, e il relativo possibile trasferimento di sovranità. «L'Italia deve far sentire la sua voce, difendendo i propri interessi», è il chiaro messaggio recapitato a Monti dai berluscones. Non intende mettere paletti all'azione del governo, invece, Pier Ferdinando Casini, che incontra Monti nel primo pomeriggio. «L'Udc non avanza richieste né proteste: il premier va solo assecondato, aiutato - spiega il leader centrista - Abbiamo parlato di questioni internazionali, di liberalizzazioni e rilancio dell'economia».  Qualche indicazione in più sull'agenda delle possibili riforme la dà Francesco Rutelli: «La strategia 2 è già iniziata con la manovra approvata giovedì ma diventerà realtà con i provvedimenti che l'esecutivo prenderà nei prossimi mesi - spiega - Daremo una mano in particolare sulle liberalizzazioni e già nei primi giorni del nuovo anno consegneremo a Monti una serie di proposte, anche sui tagli alla spesa».  Gli incontri di palazzo Chigi, tuttavia, scatenano anche qualche polemica. A sollevarla è Antonio Di Pietro, critico sul fatto che il capo di un governo «tecnico» veda i leader dei partiti. «Si stanno comportando come nella Prima Repubblica - attacca - ci sono due realtà: una ufficiale, con una maggioranza trasversale e un governo che si definisce tecnico. Poi ce n'è un'altra, non dichiarata, che toglie tutti i ruoli e le funzioni al Parlamento e al governo, quelli veri. Le decisioni che vengono prese non sono il frutto di una democrazia trasparente, ma di accordi che avvengono nelle "sagrestie" e solo per motivi che interessano i partiti. Mi auguro che, con la fine dell'anno, termini anche questo giochino. Altrimenti è davvero necessario andare al più presto a votare, affinché siano i cittadini a decidere chi deve governare». Intanto la «fase due» prosegue. Non ci sarà nemmeno la classica sosta natalizia, dal momento che è previsto un nuovo Consiglio dei ministri il 28 dicembre. Sua maestà lo spread, apprezzerà?

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