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Putin all'offensiva contro Usa e avversari

Putin

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L'uomo del Kgb lancia la sua campagna per le presidenziali del marzo 2012. Vladimir Putin a testa bassa contro gli oppositori interni e contro Stati Uniti ed Europa. Attacca gli Usa, che vogliono «vassalli» al posto di «alleati» e che sono «coinvolti nell'uccisione di Gheddafi», ma anche l'opposizione al soldo dello straniero. E sceglie la platea televisiva per ribattere alle accuse. Il risultato delle elezioni parlamentari in Russia riflette il volere del popolo e le successive proteste sono state orchestrate dall'Occidente per destabilizzare il Paese. Così il premier di Mosca Vladimir Putin parlando nel corso di un programma televisivo in cui ha risposto alle domande dei cittadini. L'opposizione ha tenuto manifestazioni a Mosca e in altre città denunciando brogli durante il voto parlamentare del 4 dicembre, accusando il partito di Putin Russia unita. Alcuni leader delle proteste hanno agito su ordine dell'Occidente per indebolire la Russia, ha risposto Putin. Le manifestazioni, ha aggiunto, rispondono a «uno schema ben organizzato per destabilizzare la società» e gli organizzatori delle dimostrazioni di sabato hanno pagato alcuni dei partecipanti, definiti «pecore». Il premier ha quindi provocatoriamente suggerito di collocare per le presidenziali del 4 marzo telecamere web in ciascuno degli oltre 90mila seggi elettorali in Russia per evitare qualsiasi tipo di falsificazione. Ha, poi, commentato i risultati delle parlamentari, giudicando «naturale» il calo del sostegno per Russia Unita, che ha perso circa il 20 per cento dei seggi in Parlamento e non ha più la maggioranza dei due terzi che permette di modificare la Costituzione. Il gruppo, ha spiegato Putin, ha scontato le conseguenze della crisi finanziaria globale del 2008, ma resta il primo partito del Paese ed è «molto positivo che abbia preservato la posizione di guida». L'opposizione secondo il premier vuole soltanto tentatre di ottenere più potere e cerca ogni modo per farlo, compresi cortei di protesta. «Quando li ho visti in tv ho pensato che fosse parte di una campagna per la prevenzione dell'Hiv e (i manifestanti) si fossero attaccati preservativi alle maniche», ha continuato riferendosi ai nastri bianchi di protesta che i dimostranti si sono attaccati alle giacche. Putin ha, poi, furbescamente reso omaggio ai giovani scesi in piazza «attivi e capaci di formulare chiaramente la loro posizione». E se ne vanta: «mi rallegro, se questo è il risultato del regime di Putin», facendo ironicamente propria l'espressione usata dall'opposizione per denunciare il sistema di potere putiniano. Il tono è salito contro un'opposizione accusata, al pari del terrorismo caucasico, di essere finanziata dall'estero. E di perseguire il modello delle rivoluzioni colorate nell'ex Urss per destabilizzare il Paese: «sappiamo come si è svolta la rivoluzione arancione in Ucraina», ha sottolineato. Gli studenti scesi in piazza, ha aggiunto, sono stati pagati: «È normale che li si paghi... che i giovani guadagnino un pò di soldi», insinua con tono ironico, senza però indicare da chi. E nell'illustrare la sua missione presidenziale, ha assicurato che farà di tutto per opporsi «a tutti questi avventurieri che, dall'estero, tentano di immischiarsi nei nostri affari e di influenzare la nostra vita politica». Non è mancato un attacco al senatore statunitense John McCain, che aveva invitato gli Stati Uniti a relazionarsi con cautela a «dittatori» come Putin e dopo le contestazioni di Mosca aveva scritto su Twitter: «Caro Vlad, la primavera araba sta arrivando vicino a te». «Ha le mani sporche del sangue di civili pacifici e non può vivere senza scene disgustose e ripugnanti come l'uccisione di Gheddafi», ha accusato Putin, ricordando poi la sua cattura in Vietnam: «Il signor McCain fu catturato e tenuto non solo in prigione, ma in una fossa per diversi anni. Chiunque al suo posto sarebbe diventato pazzo». È un Putin in versione offensiva, già presidente in pectore, quello che ha risposto ieri a una novantina di domande nella sua decima diretta tv con i cittadini, la più lunga di tutte: 4 ore e mezzo senza pausa, seduto ad un tavolo con una tazza di the, un pc e un quaderno per gli appunti. Le sparate toccano anche Mikhail Khodorovski: se sarà eletto presidente, ha annunciato Putin, «esaminerà» una sua eventuale richiesta di grazia. Con una freschezza in volto che sapeva di trucco, rilassato, sicuro, ironico e a volte sprezzante, l'uomo forte del Paese è tornato al centro del ring dopo le inedite proteste di massa per i brogli al voto legislativo che hanno messo sotto accusa il suo partito Russia Unita e il suo sistema di potere. Con una certa nostalgia per la vecchia Urss: «Bisognava battersi per l'integrità territoriale del Paese senza nascondere la testa sotto la sabbia». Il premier ha fatto il bilancio della sua attività e vanta un Paese economicamente più solido e dinamico di quelli europei. Poi si è schermito: «Forse allo stadio mi hanno fischiato perché appaio spesso in tv», ha ammesso, ma ha giurato che non resterà «un giorno in più» quando vedrà venire meno il consenso, misurato tuttavia non con internet o nelle piazze, ma alle urne. Infine un appello al voto e ai suoi sostenitori: «Andate ai seggi, non andate alla dacia per le patate».

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