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Poltrone calde. Tocca alle Commissioni

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Mentre i tecnici sono a lavoro - anche di sabato sera, anche dopo una settimana impegnativa - i politici litigano ancora per le poltrone. All'inizio l'imperativo categorico era: «Niente politici nel governo». Poi c'è stato - ed è ancora tutto da sciogliere - il nodo sottogretari e viceministri. Tecnici o politici? Per il Pdl nessun dubbio: nessun parlamentare dovrà entrare a Palazzo. «Invece di mandare patetici pizzini come fanno alcuni esponenti del Pd - spiega Maurizio Gasparri, riferendosi al bigliettino fatto arrivare venerdì al neopremier dal vicesegretario dei democratici, Enrico Letta - voglio pubblicamente confermare al professor Monti che i sottosegretari devono essere tecnici, e non politici travestiti da tecnici». Ancor più chiaro Renato Brunetta: «I sottosegretari li analizzeremo uno per uno e faremo loro gli esami del sangue, e basta bigliettini», scherza. Anche Antonio Di Pietro, tuttavia, chiede una squadra di soli tecnici. «Il governo - è l'invito del leader dell'Italia dei Valori - resti indipendente dalla politica, dagli affari e dalle lottizzazioni». Quanto al toto-nomi, diventa sempre più difficile fare previsioni. Intanto perché il Professore ha confermato che per sbrigare la pratica occorrerà «qualche giorno in più» (incaricato della dura trattativa con i partiti sarebbe il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà). E poi perché le pressioni che in queste ore arrivano ai partiti e alle parti sociali sono davvero notevoli. Le poltrone in gioco non sono molte (una trentina quelle da sottosegretario e 4/5 da viceministro) e sono in tanti a scalpitare. Tra le «caselle» che scottano quelle dei «vice» del Professore al ministero dell'Economia. E se Vittorio Grilli (oggi direttore generale del Tesoro) e Guido Tabellini (dal 2008 rettore della Bocconi) dati nei giorni scorsi in pole position, sarebbero ora tentanti di rinunciare all'incarico, a farsi strada ci sono ora Paolo De Ioanna e Vincenzo La Via (già in passato a via XX settembre). E un vice servirà anche a Corrado Passera, allo Sviluppo. I partiti, intanto, puntano tutto sui sottosegretari. «Tecnici d'area» è la formula che va per la maggiore. Serve per descrivere quelle figure che non fanno parte di Camera e Senato, ma che sono riconducibili a particolari schieramenti e quindi in grado di assicurare un certo rapporto di collaborazione tra governo e Parlamento. Ecco allora che il Pd propone ai rapporti con il Parlamento Giampaolo D'Andrea, prodiano doc. Il terzo polo, invece, spinge per avere Umberto Croppi alla Cultura e Italo Cucci allo Sport. E c'è un nome, forse, in grado di mettere tutti d'accordo sulla Giustizia. È quello del procuratore capo di Roma Giovanni Ferrara. Del resto, di un suo trasferimento a via Arenula si parlava già molto prima delle dimissioni di Berlusconi. Ad accendere una miccia pericolosa ci ha pensato, poi, ieri Massimo D'Alema. L'ex premier, che si è dimesso nei giorni scorsi da presidente del Copasir (la guida del comitato parlamentare per i servizi segreti spetta di diritto all'opposizione - quindi, adesso, alla Lega), trova sempre l'occasione buona per far polemica: «Mi pare che il primo obiettivo della lotta della Lega sembrano essere le poltrone, non so quale sarà il secondo», provoca. Pronte le reazioni stizzite del Carroccio e del Pdl (che pure oggi si trovano l'un contro l'altro in Parlamento). Come dire, anche nella fase di «tregua» nazionale, certe abitudini sono dure a morire.

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