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«Macché disoccupato, ho tante cose da fare»

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Quandoè finito il governo Berlusconi, Giancarlo Galan è rimasto «disoccupato». Ma non dà per scontati i privilegi e sorride. Galan, ha perso il posto da due giorni. Come sta? «Bene. Inaspettatamente bene». Pensava di accusare il colpo? «Quando ho smesso di fare il presidente del Veneto ho sofferto orribilmente. Ora no». È preoccupato per il suo futuro? «Penso che avrò molto da fare. In Veneto c'è da recuperare il 65% dei voti, quelli degli elettori che non sceglierebbero mai la Sinistra. Poi continuerò a seguire anche la politica nazionale». Certo è un po' sfortunato. Prima non l'hanno ricandidata in Veneto, le hanno dato il ministero dell'Agricoltura fino a che non è arrivato Romano e poi l'hanno spedita ai Beni culturali. E adesso a casa... «Sfortunato? Ma io ho un culo infinito. Ho cominciato a fare politica col Partito Liberale, avrei fatto al massimo il consigliere regionale. Invece mi sono trovato a 37 anni deputato, poi per 15 anni presidente della mia Regione, poi ministro. Meglio di così! La sfortuna è stata che questo governo nei primi due anni ha realizzato cose favolose mentre io sono arrivato dopo». Cos'è che non le mancherà? «Il clima generale. Non mi piacciono i riti romani della politica, le riunioni infinite, quelli che dicono una cosa, ne pensano un'altra e ne fanno un'altra ancora». Ha rimpianti? «Sì, volevo fare tantissime cose. Mi dispiace soprattutto per la riforma delle agevolazioni fiscali per il mondo dell'arte: era nel decreto Sviluppo. Poi, quando si è deciso di sostituire il decreto con il maxiemendamento alla legge di stabilità, la riforma è saltata. Ma io ho la coscienza a posto e sono di buon umore». Crede che il governo tecnico sia una sconfitta di voi politici? «Hanno tentato di sconfiggere Berlusconi in tutti i modi, ci sono riusciti usando come una clava lo spread, che però non scende. Significa che era una colossale balla». I prossimi candidati saranno valutati da Standard & Poor's invece che dai sondaggi? «Può essere. Fatto sta che ora l'Italia è governata da chi non ha preso nemmeno un voto».

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