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Bini Smaghi lascia la Bce. Va ad Harvard, ma è nel toto-ministri

Lorenzo Bini Smaghi

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Dopo mesi di pressing da parte di Roma e Parigi, con un tempismo che coincide esattamente con la formazione di un nuovo governo in Italia, Lorenzo Bini Smaghi annuncia le dimissioni dalla Banca centrale europea. Il consigliere esecutivo, indicato come «papabile» per un ministero nel governo che potrebbe essere formato da Mario Monti, «ha informato il presidente Mario Draghi che si dimetterà prima della scadenza naturale del mandato, fissata per il 31 maggio 2013», spiega la Bce. Destinazione, il Centro affari internazionali dell'Università di Harvard a partire dal 1 gennaio 2012, anche se in ballo potrebbe esserci un incarico governativo a Roma. «Bini Smaghi ha dato limpida conferma del suo attaccamento al principio e al valore dell'indipendenza della Bce», ha detto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in una nota in cui esprime «l'apprezzamento del Paese per il senso di responsabilità e di lealtà anche verso l'Italia che si esprime in questo suo gesto». Nei mesi scorsi era trapelata, da indiscrezioni, l'irritazione del Quirinale per la resistenza del fiorentino a lasciare. Il premier Silvio Berlusconi due settimane fa gli aveva chiesto esplicitamente di mettere fine allo «spiacevole incidente» con Parigi. «Se continua così - avrebbe detto secondo indiscrezioni Berlusconi agli inizi di novembre - rischia di non trovare più un posto da noi qui in Italia». Al centro, l'attacco del presidente francese Nicolas Sarkozy che solo lo scorso 2 novembre il presidente francese aveva dato un ultimatum al banchiere: lasci «al più presto», al più tardi «entro fine anno». Richiesta accontentata. Bini Smaghi, dal canto suo, ha sempre fatto appello all'indipendenza delle banche centrali di fronte al potere politico. Anche ieri, nella nota della Bce, Draghi «esprime la sua gratitudine per l'eccezionale contributo e sottolinea come il banchiere abbia «sostenuto l'indipendenza della Bce» in tutto il suo mandato. Confortato da un parere legale interno della Bce, Bini Smaghi ha sempre rivendicato che il suo addio, tanto più dopo l'esplicita richiesta della politica, sarebbe stato compatibile con tale indipendenza solo per accettare un'offerta di pari livello. Difficile ritenere tale la cattedra nella pur prestigiosa università americana. Non stupirebbe, dunque, se le dimissioni fossero il preludio di un incarico governativo o di altro genere, a livello istituzionale. Le voci, nei giorni scorsi, lo davano del resto come possibile ministro dell'Economia o dello Sviluppo in un governo Monti. Certo non coincide con l'indicazione della docenza ad Harvard. Ma la disponibilità a lasciare quasi incondizionatamente, con una forte sponda al di là dell'Atlantico, costituisce per Bini Smaghi una buona credenziale con cui presentarsi a Roma dopo gli screzi passati.

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