Sacrificio del Cav sì al governo Monti
L'idea di un governo tecnico non è più un tabù per Silvio Berlusconi. Il premier sta valutando l'idea. No degli ex An. Certo il premier è ancora lontano dall'averla digerita, nelle riunioni che si sono ripetute a palazzo Grazioli da ieri mattina fino a notte fonda ha continuato a ribadire agli uomini del Pdl tutti i suoi dubbi, la sua contrarietà, la sua convinzione che l'unica legittimazione a un nuovo esecutivo siano le urne. Ma il premier ieri si è trovato a fare i conti con un peggioramento drammatico e repentino della situazione finanziaria italiana sui mercati internazionali. Un crollo che gli ha imposto la necessità di considerare anche l'ipotesi di aprire a un esecutivo di larghe intese che nei prossimi mesi metta nuovamente mano ai conti pubblici e vari entro Natale una nuova Manovra. Berlusconi, tra l'altro, vive sulla propria pelle i rovesci economici. Ieri Mediaset ha perso oltre il 12 per cento, un tonfo pesantissimo. E nel «portafoglio» del premier ci sono altre società che rischiano di veder crollare il proprio valore. Una preoccupazione che ha fatto «gioco» a buona parte del Pdl che ha insistito sul tasto della necessità per l'Italia di avere un governo che nei prossimi mesi affronti la crisi. Ha iniziato di prima mattina Gianni Letta, tra i primi ad arrivare a palazzo Grazioli e tra i primi a sostenere questa scelta. E nel corso della giornata anche gli altri esponenti del Pdl hanno proseguito nel caldeggiare l'ipotesi, dal ministro Franco Frattini al capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, dal presidente del Senato Renato Schifani fino al vicepresidente della Camera Maurizio Lupi. Tutti concordi su un governo di transizione da affidare a Mario Monti, fresco di nomina a senatore a vita. Magari avendo come «spalla» Giuliano Amato. Tra i contrari alcuni ex di An, come il ministro Ignazio La Russa e il suo collega Altero Matteoli. Ma soprattutto il responsabile dell'economia Giulio Tremonti. Il quale segue un ragionamento molto concreto: la crisi è talmente grave che non basta un governo di transizione a risolverla perché potrà mettere solo delle «toppe». Meglio andare ad elezioni e avere un esecutivo forte che abbia tempo per affrontare i problemi in maniera strutturale. Una spaccatura del Pdl che complica ancora di più le decisioni del premier. Ma Berlusconi è preoccupato anche dallo strappo della Lega: Bossi, infatti, ha ribadito che per il suo partito esiste solo la strada delle elezioni. Il Cavaliere però ha dalla sua la garanzia che Napolitano non accetterà mai un ribaltone. Cioè un esecutivo nel quale entrino solo alcuni spezzoni del Pdl o del Pd. O tutti insieme – ha ripetuto ieri il Presidente della Repubblica – oppure si va dritti alle elezioni. Ed è per questo che un'altra delle ipotesi sul tappeto è un governo guidato da Alfano che tenga dentro anche l'Udc. Anche se Pier Ferdinando Casini ha già detto di non «gradire» il segretario del Pdl. Così c'è già chi è pronto a disegnare parte della squadra che dovrebbe affiancare Mario Monti. Gianni Letta resterebbe al suo posto di sottosegretario mentre Fabrizio Saccomanni, direttore generale della Banca d'Italia andrebbe all'Economia. E nel governo potrebbero entrare anche alcuni esponenti del Pdl, come Fitto e Frattini. Sabato, una volta approvato dalla Camera il maxiemendamento alla legge sulla stabilità, Berlusconi salirà al Quirinale per dimettersi. E a quel punto i giochi saranno fatti.