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Cdm straordinario, salta il decreto

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

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Napolitano impone la linea, Berlusconi s'adegua. Niente decreto legge (arriverà in un secondo momento), come avrebbe voluto il presidente del Consiglio. Si va in Parlamento. A ricercare l'intesa con l'opposizione. O almeno a provarci. A tentare una sorta di dialogo per condividere alcuni dei provvedimenti da prendere. Insomma, per provare un primo passo verso quelle larghe intese che erano state invocate dal Quirinale nella nota diramata due giorni fa. Larghe intese almeno parlamentari, il governo resta in carica senza cambiamenti. Per il momento. Resiste dunque l'asse con il Quirinale. D'altro canto il premier, nel pomeriggio, incontrando alcuni deputati usciti dal Fli aveva usato parole di elogio nei confronti del presidente della Repubblica: «Ha mostrato un grande equilibrio - aveva detto il Cav - e si è comportato ancora una volta con me in modo assai affidabile, avendo a cuore il bene del Paese e con grande senso dello Stato. Il suo ragionamento è stato molto corretto». Si va in Parlamento, dunque. Magari con un maxiemendamento alla legge di stabilità che attualmente è al Senato. Una soluzione che avevano suggerito i capigruppo Cicchitto e Gasparri. Che cosa deciderà comunque il governo? Che provvedimenti presenterà? Il testo base resta quello del decreto sviluppo. La novità potrebbe consistere in un prelievo per gli statali. Forse sulla tredicesima. Così come è stato deciso anche in altri Paesi europei. Per il resto si va per esclusione. Il ministero dell'Economia, per bocca del sottosegretario Luigi Casero, ha escluso che ci possa essere una patrimoniale. Anche se quella del vice di Tremonti non è una smentita categorica: «Abbiamo parlato di procedure, non di interventi specifici». Altro provvedimento smentito riguarda il prelievo forzoso sui conti correnti, sullo stile di quello che fece Giuliano Amato nel '92. Stando alle indiscrezioni, era stata presa in esame anche l'ipotesi di reintrodurre l'Ici sulla prima casa in maniera parziale: soltanto per gli immobili di lusso o di pregio. Ma al Cavaliere sembrerebbe una totale sconfessione della linea fin qui tenuta. Quel che è certo è che Berlusconi intende andare avanti. Nessun passo indietro, nessuna rinuncia. Nessun tipo di abdicazione, cessione dello scettro. Niente di tutto ciò. Anzi, la sua linea è chiara: «Vado avanti, mi presento davanti al Parlamento e agli italiani traducendo in atti concreti la lettera che ha avuto l'approvazione dell'Ue. E voglio vedere chi avrà il coraggio di venirmi contro, chi sarà così irresponsabile da non appoggiare il governo rispetto a leggi così importanti per il Paese e sulle quali abbiamo preso impegni precisi con l'Europa», come aveva ripetuto per tutto il giorno il capo del governo. E aveva insistito anche sul fatto che l'esecutivo ha i numeri per andare avanti. Ha una maggioranza. Nonostante le defezioni. Su quelle, piuttosto, è sembrato ancora fiducioso. Convinto per esempio di poter recuperare proprio l'ultimo andato via, l'ex sottosegretario Roberto Antonione. Sarà, intanto ieri sera sono riprese a circolare le voci della lettera dei frondisti del Pdl. Sei nomi, per ora: Roberto Antonione, Giustina Destro, Fabio Gava, Giorgio Stracquadanio, Isabella Bertolini e Giancarlo Pittelli, rimasti riuniti fino a tarda sera all'Hassler di Roma. Confessa Mario Baccini mentre si gusta un arancio alla buvette: «Casini è bravo, lavora molto in Parlamento. È riuscito a far passare l'idea in larga parte del Pdl che dopo Berlusconi non si va a votare, si farà un governo tecnico o una roba così. È impossibile se non con l'assenso del Cavaliere. Ma visto che Silvio continua a ripetere che non se ne parla...». Poi attacca: «Non ci vorrebbe molto a recuperare i nostri. Quelli che sono andati via o che stanno per andarsene o vorrebbero farlo. Bisogna parlarci, molti stanno male perché non riescono ad avere un contatto con un ministro, con il vertice del partito, telefonano e nessuno risponde neanche per pura cortesia. Basterebbe che ogni esponente di governo "adottasse" tre deputati e la maggioranza terrebbe».

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