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Casi Milanese e Romano: gli ostacoli da superare per il governo

Il deputato Marco Milanese

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{{IMG_SX}}Il premier sa che all'orizzonte ci sono due appuntamenti delicati per la maggioranza. Il primo è il voto sull'arresto di Milanese: la Lega potrebbe lasciare libertà di coscienza ma questo potrebbe non essere l'unico problema. Perché i boatos raccontano di fronde nel Pdl pronte, sfruttando la ormai certa richiesta di voto segreto, a "mollare" al suo destino l'ex braccio destro di Giulio Tremonti. Non a caso il premier ha già cominciato a dire in giro che comunque non si tratta di una votazione in grado di incidere sulle sorti dell'Esecutivo. Ed è forse anche per questo che il Cavaliere starebbe pensando di non tornare a Roma prima di giovedì, giorno del voto. Altro passaggio sotto i riflettori è quello della mozione di sfiducia del ministro dell'Agricoltura, Saverio Romano. LA POSIZIONE DEL PD Il voto alla Camera di giovedì sulla richiesta di arresto per il deputato del Pdl potrebbe accelerare la crisi del governo anche se di ragioni per mandarlo via ce ne sarebbero un milione. Lo dice il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, rispondendo ai giornalisti durante una conferenza stampa nella sede del partito. Il voto su Milanese può accelerare la crisi? "Può essere una cosa - risponde Bersani - ma ci sono milioni di ragioni per mandare via questo governo". LA LEGA RIMANDA A DOMANI Sul caso di Marco Milanese la Lega Nord deciderà domani durante una riunione del gruppo alla Camera. Secondo quanto riferiscono fonti interne al Carroccio in questa sede i deputati renderanno noto la posizione che la Lega terrà in aula giovedì prossimo, sciogliendo la riserva sul voto favorevole o contrario all'arresto dell'ex consigliere del ministro Giulio Tremonti. A quanto si apprende non si conosce ancora la procedura che poterà il gruppo a questa decisione. Alcuni deputati sostengono che il leader Umberto Bossi potrebbe intervenire, sentiti già i due membri della giunta per le Autorizzazioni, Luca Paolini e Fulvio Follegot, e dettare la posizione del Carroccio. DOMANI A PALERMO LA DECISIONE SU ROMANO E VIZZINI Il gip Piergiorgio Morosini deciderà domani se trasmettere alle Camere la richiesta di autorizzazione all'uso delle intercettazioni che riguardano il ministro Saverio Romano e il senatore Carlo Vizzini (Pdl). Entrambi sono coinvolti con Totò Cuffaro, che all'epoca non era deputato, nell'inchiesta su presunte tangenti distribuite dal tributarista Gianni Lapis per favorire la vendita a un gruppo spagnolo della società «Gas» di cui era socio Massimo Ciancimino. Tutti sono indagati per corruzione aggravata dall'avere agevolato Cosa nostra. Il gip dovrà stabilire se le intercettazioni, che risalgono al periodo 2003-2004, sono rilevanti per l'indagine. E in questo caso dovrà chiedere il consenso delle Camere di appartenenza di Romano e Vizzini. Dalle intercettazioni emergerebbero contatti tra Lapis e vari politici che avrebbero ricevuto denaro: 50 mila euro ciascuno a Romano e Cuffaro per «contributi elettorali», altri soldi a Vizzini. Tutti hanno negato di avere ricevuto tangenti. Vizzini in particolare ha spiegato che Lapis gli ha «restituito una somma proveniente da miei risparmi e da mie liquidazioni». «Quel denaro - ha aggiunto - fu da me lecitamente investito tramite Lapis nel 1994 (quando ero un privato cittadino) e mi è stato restituito dopo 10 anni: in tutto circa 130 mila euro. Mi auguro che si possa stabilire al più presto la verità. Ma intanto vorrei ricordare ancora una volta che, come risulta dagli atti dell'inchiesta, non ho mai conosciuto nè Massimo nè Vito Ciancimino. Quest'ultimo anzi, a detta del figlio, mi riteneva ostile in quanto 'sbirrò. È quanto dire».

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