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Stark lascia Bce. L'Ue trema

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Juergen Stark

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Il falco tedesco della Banca Centrale Europea, Jurgen Stark, ha sbattuto la porta e se ne è andato. «Motivi personali» ha scritto l'ormai ex capo economista dell'Eurotower nella lettera inviata al presidente Jean Claude Trichet. Ma dietro le frasi di prammatica, comunque inutili visto che la sua uscita ha mandato a picco i mercati azionari, si legge un insanabile dissidio tra due linee di condotta diametralmente opposte. Da una parte le «colombe» capeggiate dal presidente Trichet incline al raffreddamento delle speculazioni nella zona dell'Euro attraverso l'acquisto dei titoli di stato (in particolare di quelli italiani e spagnoli). Dall'altra parte il rigore e l'ortodossia monetaria teutonica, timorosa di trasformare l'istituto di emissione europeo in una cosiddetta «bad bank» (una banca nella quale patrimonializzare i titoli più a rischio). Il pensiero dei tedeschi corre immancabilmente alle loro «bisnonne» che, dopo il disfacimento della repubblica di Weimar, spingevano casse di vecchi marchi per comprare un panetto di burro. L'iperinflazione. Il demone da combattere sempre. Prima dalla Bundesbank poi dalla Bce alla quale la banca centrale tedesca ha conferito la sovranità monetaria solo in cambio della lotta prioritaria al livello dei prezzi. Obiettivo da raggiungere a tutti i costi. Anche a quello di strozzare le esportazioni dei paesi Ue con un euro super, giunto a quota 1,45 euro e tenuto lì a forza di sostegni della Eurotower. Ieri quel patto si è rotto. O meglio già giovedì scorso quanto nella conferenza stampa di prassi Trichet era sbottato contro le pressioni di Berlino sulle politiche monetarie nella zona Euro. Si spiega così, almeno per ora l'abbandono di Stark. Lui il puro e duro del mercato (nel 2008 disse che «le banche deboli dovevano essere lasciate fallire senza nessun sostegno») è stato il segnale palese della spaccatura che oggi si respira in Europa. Le dimissioni dell'economista 63enne acuiscono, del resto, la divisione nel consiglio direttivo, quello che ogni mese decide la politica monetaria: la fronda guidata dalla Germania è contraria alla supplenza che l'Eurotower offre ai governi fornendo liquidità illimitata alle banche, abbassando l'asticella sulle garanzie, partecipando ai prestiti ai Paesi in crisi e acquistandone i titoli di Stato. La paura dei teutonici è quella che l'istituto (che sta andando oltre il suo mandato e procede non più all'unanimità) perda la sua indipendenza dalla politica, finisca per monetizzare il debito pubblico, non riesca più a garantire la lotta all'inflazione. Una diversa filosofia di pensiero che già nel passato aveva provocato fratture. Lo scorso aprile si dimise dal board di Francoforte il presidente della Bundesbank Axel Weber, candidato naturale a sostituire Trichet. Con l'addio di Stark, che dovrebbe essere sostituito dal vice ministro delle finanze tedesco Joerg Asmussen, Draghi si troverà con il compito di ricostruire il consenso ai vertici della Bce. Ma intanto la coesione europea si è persa. La Germania si sta allontanando dai paesi periferici. Quelli del Sud, Italia, Spagna e Grecia sono lontani e salvarli a spese dei contribuenti i tedeschi proprio non riescono a digerirlo. Berlino si prepara a fare da se. Secondo fonti vicine al governo citate da Reuters il governo tedesco starebbe già preparando un piano di salvataggio dei suoi istituti nel caso che il default, il fallimento di Atene, non restasse solo un'ipotesi. Il piano di emergenza messo a punto prevederebbe la copertura fino al 50% delle perdite subite nel crac greco. Si muove da sola la Merkel insomma. Nessuno si fida più di nessun'altro. E le premesse per l'implosione della moneta unica ci sono tutte. Risultato: la vecchia Mitteleuropa non riesce più a comunicare con la Magna Grecia. Le divisioni sono evidenti anche nei corsi dell'euro. Dopo mesi di euro forte ieri la divisa unica è scesa sotto 1,37 dollari a 1,3640. Un male forse per le fisime di Berlino. Ma forse ora le esportazioni della zona Ue ne beneficeranno. Le macchine produttive ripartiranno. E una piccola ripresa potrebbe fare capolino. Berlino ci può arrivare.

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