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Governo all'ultima prova

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Ancora una volta il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è stato costretto a fare un appello per l'approvazione rapida della manovra economica e per il suo rafforzamento visto l'andamento dei mercati finanziari ed in particolare della loro crescente sfiducia sul debito italiano. Sono settimane che spieghiamo in tutte le direzioni che il decreto legge governativo del 13 agosto era inadeguato per quantità e qualità. I 45 miliardi e passa di correzione erano largamente sopravvalutati visto, ad esempio, che i 6 miliardi di tagli ai ministeri del 2012 e i 2,5 miliardi ulteriori nel 2013 non erano assolutamente dettagliati. La loro scarsa credibilità nasce dal fatto che già nel triennio precedente ai ministeri erano stati tolti 15 miliardi di euro senza ridurre in alcun modo i loro compiti e che quindi grasso da tagliare non ne era rimasto. Il risultato è che la P.A. non paga più i propri fornitori né paga le utenze (telefoni, luce, acqua) e men che meno gli straordinari a categorie sensibili (polizia, carabinieri, vigili del fuoco, uffici giudiziari e via di questo passo). Insomma un disastro di inefficienza e di debito sommerso. Ma quel che più sgomenta è la confusione che regna nel governo. Da queste colonne avevamo espresso un giudizio appena appena positivo per qualche timida riforma delle pensioni di anzianità. Nello spazio di un mattino la misura è scomparsa e siamo tornati ad altri giri di valzer per trovare coperture finanziarie fermandoci, infine, su di una misura che definire scandalosa è poco. La lotta all'evasione fiscale che è un obiettivo ancorché accompagnato da alcune nuove misure viene cifrato in alcuni miliardi nel prossimo triennio e questi miliardi "presunti" vengono utilizzati per garantire i saldi. Cose mai viste in nessun paese tanto che lo stesso ministro Tremonti ha dovuto ricordare che questo tipo di copertura "è una novità per l'Italia". Abbiamo fatto due soli esempi per dire quale credibilità mai possiamo offrire ai sottoscrittori del nostro debito pubblico se i tagli alla spesa sono fantasiosi e le entrate fiabesche? E come potrà promulgare il capo dello Stato questa legge che stravolge tutti i principi di contabilità e lo stesso articolo 81 della Costituzione? Il nostro sgomento è ancora più forte se si pensa che l'attuale condizione della nostra finanza pubblica potrebbe essere affrontata con due semplici mosse.   La prima. Un contributo volontario incentivato da parte dei contribuenti ed in particolar modo dalle società di capitali, dalle società di persone, dai titolari di imprese individuali, dai liberi professionisti (queste categorie citate sono 4,5 milioni di contribuenti) tra un minimo di 30.000 euro ed un massimo di 3 milioni di euro graduati a seconda del reddito e del fatturato e versato in due annualità. Il premio incentivante per questo contributo volontario potrebbe essere quello di non fare, per i prossimi 3 anni, nessun accertamento fiscale a condizione che il reddito o il fatturato dei rispettivi "contribuenti volontari" aumenti del 2 % in ragione d'anno nel triennio. Questa normativa darebbe un gettito oscillante tra 150 e 300 miliardi di euro con il quale si abbatterebbe una quota importante del debito con un risparmio di spesa per interessi tra 8 - 16 miliardi ogni anno. Sappiamo che i tanti che pure urlano perché l'Italia esca dal tunnel della crisi diranno, mentendo, che questo è un condono. Condono non è e la nostra proposta va nella direzione di quella già avanzata dal banchiere Pietro Modiano anche se quest'ultima, così com'è stata presentata, creerebbe qualche buco di bilancio negli anni successivi. Non sarebbe una patrimoniale, ma avrebbe lo stesso effetto nel gettito senza creare input recessivi perché il contributo sarebbe volontario anche se incentivato.   La seconda mossa è uno spin-off immobiliare di almeno 100 palazzi utilizzati dalla pubblica amministrazione con un rendimento al 5 %. Avremmo un gettito di 30 miliardi di euro (10 milioni di metri quadri a 3.000 euro cadauno) che dovrebbero però essere destinati all'economia reale per la riduzione del costo del lavoro, di qualche accisa o aliquota fiscale e per accelerare gli investimenti pubblici nelle infrastrutture, nella ricerca e innovazione e nella formazione del capitale umano per riprendere finalmente a crescere. Con molta umiltà domandiamo a noi, prima che alla Presidenza della Repubblica, se gli appelli non fossero accolti, perché non si sciolgono le Camere visto che la maggioranza parlamentare non ha mai avuto la maggioranza nel paese e che il governo non è in condizioni di fronteggiare la crisi? Annunciando le elezioni anticipate Zapatero ha interrotto l'aggressione dei mercati perché ha offerto un'aspettativa diversa ritenuta da molti migliore. È tempo che anche noi ci poniamo con responsabilità l'ipotesi di questa scelta e il precedente di Scalfaro dovrebbe essere scolpito nel ricordo del nostro amato presidente Napolitano.  

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