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Quelli che dicono No

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Antonio Di Pietro

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Dall'opposizione con il Pd in testa che scenderà in piazza a fianco della Cgil, al mondo cattolico che sull'Avvenire non ha fatto sconti al governo, al mondo industriale con Montezemolo e Confindustria, ai sindaci, il fronte del no alla manovra è un muro variegato ma compatto. È una falange che si è andata ingrossando e che alla vigilia dell'incontro decisivo tra Bossi e Berlusconi fissato per oggi, mostra i muscoli con determinazione. E la polemica non è solo ed esclusivamente politica. Perchè, sia chiaro, nessuno pensa di far cadere il governo sulla manovra in un momento molto delicato per il Paese, con gli occhi di Bruxelles puntati addosso. La bocciatura ha motivazioni esssenzialmente di tipo economico anche se non mancano difese corporative di interessi. Il fronte del no è convinto che così come è stata concepita da Tremonti, la manovra è recessiva, ovvero è una mannaia sul ceto medio e il de profundis per i consumi. Il presidente della Confindustria Emma Marcegaglia e Luca di Montezemolo lo hanno detto a chiare note più volte e il numero uno della Ferrari ha anche messo nero su bianco una manovra alternativa in grado di contenere il deficit ma anche di stimolare la crescita. Sulle riforme insiste anche il leader dell'Udc Per Ferdinando Casini che boccia definitivamente la possibilità di un'intesa con la maggioranza per votare la manovra in Parlamento. «Manca qualsiasi riforma strutturale, e i tagli ai costi della politica naufragano nella demagogia. Le Province andavano abolite senza esitazione, invece ha vinto la vecchia politica del rinvio. Ma cosa dovremmo votare?» Damiano capogruppo del Pd in commissione Lavoro alla Camera pronostica «per l'autunno uno shock occupazionale».  La manovra-bis del governo «ha due difetti. Il primo è che non ha giustizia sociale, colpisce il ceto medio basso. Il secondo è che non destina nessuna risorsa per lo sviluppo. Non basta tagliare, così si deprime l'economia». Poi rilancia l'alternativa offerta dal Pd. «Le nostre correzioni puntano a trovare risorse dove ci sono, quindi la patrimoniale sui redditi alti e sulle rendite, no solo su lavoro, pensioni e sulle imprese». Poi c'è l'art.8 (quello odiato dalla Cgil e che di fatto consentirebbe agli accordi aziendali di derogare a tutte le altre normative), contro il quale il segretario del Pd Bersani ha dichiarato guerra. Bersani ha poi fatto diffondere la voce che Tremonti avrebbe manifestato disponibilità a discutere su questo. Una mano tesa però subito smentita dal ministro Sacconi e dal vicepresidente dei senatori del Pdl Quagliariello. Contro la manovra i più agguerriti sono i sindaci. Oggi a Milano nell'auditorium Gaber si daranno appuntamento per protestare contro l'abolizione di molti comuni e i tagli agli enti locali. La manifestazione di protesta dei sindaci italiani, organizzata dall'Anci segue quella di giovedì scorso davanti alla Camera organizzata dall'Ancpi, l'Associazione dei piccoli comuni. «L'Anci deve far sentire la sua voce col ministro Maroni, altrimenti il rischio è che assieme ai piccoli comuni scompaiano tanti servizi erogati ai cittadini» è l'allarme del segretario dell'Upc e consigliere dell'Anci Antonio Satta. Contro la manovra le associazioni dei consumatori. che attaccano soprattutto l'aumento dell'Iva. «È un pericoloso moltiplicatore dei prezzi petroliferi, con pesanti ripercussioni sull'inflazione» dicono in coro Adusbef e Federconsumatori.

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