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Tensione Pdl-Lega sulla manovra

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Il premier Silvio Berlusconi (S) con Umberto Bossi

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La manovra scuote gli equilibri nella maggioranza. Il Pdl, alle prese con l'acceso confronto interno tra 'frondistì e 'governativì, concentra la sua rabbia sulla Lega Nord. E non è un caso che Silvio Berlusconi con una nota proprio oggi abbia preso le distanze da Umberto Bossi che ieri ha espresso 'dubbì sulla tenuta del Paese: «Mi spiace, questa volta, di non essere d'accordo con il mio amico Umberto - afferma il premier - Sono profondamente convinto che l'Italia c'è e ci sarà sempre». Il Cavaliere è irritato per le pensioni, per la mancata apertura dei "lumbard" sul ritocco e li ha sfidati su un terreno neutro. Tra i due leader era anche in programma una telefonata subito dopo la segreteria politica del Carroccio in via Bellerio ma, visto l'esito del summit leghista, è difficile che ci sia stata. Più probabile, invece, che qualche contatto ci sia nei prossimi giorni dopo che anche il Pdl avrà pronte le proprie proposte. La speranza è che questa volta il pressing sull'alleato vada a buon fine e che si possa aprire una trattativa. Su questo è al lavoro Angelino Alfano. Il neosegretario del Pdl è stato ospite a pranzo ad Arcore e si è confrontato con il premier. L'ex Guardasigilli, tra l'altro, è anche alle prese con le tensioni all'interno del partito. I frondisti non mollano la presa e riscuotono sempre più simpatie tra i colleghi. Per il senatore Lucio Malan «ci sono capigruppo, ministri ecc. E ben oltre il 50 per cento del partito non voterebbe a scatola chiusa questa manovra». Giorgio Stracquadanio, senza mezzi termini, definisce il provvedimento «inefficace e da cambiare perchè repressivo». Il Pdl non si spaccherà sulla finanziaria ma le diverse sensibilità sugli interventi da realizzare rischiano di lasciare più di un solco nel partito, dove tra l'altro non si è attutita l'eco della richiesta di primarie avanzata in primis da Roberto Formigoni.  E per questo Alfano già domani incontrerà i frondisti; subito dopo, mercoledì, toccherà ai rappresentanti degli enti locali. Il neo-segretario, in tempi strettissimi, avrà il compito di sintetizzare le loro proposte ma, soprattutto, evitare strappi in vista del voto in Aula. Per ora il Pdl si sta ricompattando: sotto accusa c'è la Lega, vista come il freno ai ritocchi richiesti. Tra alcuni parlamentari si sottolinea con soddisfazione il tempismo con cui l'Udc abbia invitato «il presidente del Consiglio a respingere il ricatto della Lega» sulle pensioni e abbia proposto in cambio «i voti necessari in Parlamento per approvare il decreto». Non manca chi si è spinto oltre, calcolando che proprio i voti centristi basterebbero ad approvare un eventuale emendamento sulle pensioni: «La Lega potrebbe spaccarsi - è il ragionamento - Non è detto che i 'maronianì non vengano dalla nostra parte per ottenere le risorse che vogliono per evitare i tagli agli enti locali».  E così vengono rilette in una luce nuova anche le parole di Berlusconi pronunciate ieri all'uscita dello stadio Meazza: «Io ho fatto ciò che dovevo per evitare una grande crisi dei nostri titoli - ha spiegato il premier - ora tocca al Parlamento».  

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