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I Paesi del G7 a consulto per alzare la diga anticrac

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Bus turistico davanti alla sede di Standard & Poor's a New York

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Ora hanno tutti veramente paura. Non solo i risparmiatori, in lacrime per le perdite accumulate in una settimana disastrosa in termini di perdite, ma anche i governi e le banche centrali dei paesi finora più forti economicamente. Il finora non è causale perché a sentirsi in teleconferenza, in parte ieri, in parte oggi, saranno i ministri finanziari del G7, organismo di consultazione e decisione sovranazionale, al quale non partecipano le economie emergenti come la Cina, la Brasile e l'India. Il vecchio mondo, insomma, va a consulto per a mettere a punto una strategia coordinata di risposta alla speculazione internazionale che, sull'incertezza causata dalla crisi dei debiti sovrani, sta drenando capitali in tutto il mondo e gettando nel panico praticamente tutte le piazze finanziarie del pianeta. Il downgrade, la riduzione del voto di affidabilità finanziaria degli Usa da parte della società di rating Standard&Poor's ha poi gettato nuova benzina sul fuoco acceso dai fondi ad alta speculazione. Si aggiunge insomma un ulteriore elemento di incertezza che rischia di abbassare ancora di più i livelli di capitalizzazione nelle borse. Non è un pericolo solo ipotizzato. I primi segnali del fatto che domani si possa assistere a un nuovo bagno di sangue per i titoli finanziari già ci sono. L'unico test disponibile finora non lascia molti dubbi sul segno algebrico che comparirà in apertura sui listini delle borse. Quella saudita, la prima piazza borsistica mondiale aperta (nel mondo islamico il sabato è un giorno lavorativo) ha reagito alla decisione dell'agenzia sul rating degli Stati Uniti, con una perdita secca del 5,46%. Un calo drastico e al quale non deve essere aggiunto alcun commento. Aperta il sabato, quando gli altri centri finanziari nel mondo sono chiusi, la Borsa di Riad ha visto l'indice Tadawul All-Shares (Tasi) chiudere a 6.073,44 punti, con ribassi per tutti i suoi titoli. «La decisione di Standard&Poor's e i problemi (di debito) in Europa (...) spaventano gli investitori», ha spiegato l'analista finanziario Abdulwahab Abou Dahesh. Solo il prologo, dunque, di quanto può scatenarsi domani quando tutte le piazze finanziarie si rimettereanno in moto. Anche sulla base di queste premesse il G7 non può permettersi di non lanciare segnali chiari ai mercati sull'intenzione di battersi con ogni mezzo per arrestare le perdite di valore già accusate nei giorni scorsi. Alla conferenza telefonica preceduta da contatti singoli come quello tra Sarkozy e Cameron, parteciperanno anche i governatori delle banche centrali dei singoli Paesi. Secondo fonti citate da Bloomberg, poi, oggi alle 18 si terrà una conference call tra i governatori delle banche centrali dell'Eurozona e il consiglio direttivo della Bce per fare il punto sulla crisi della moneta unica e definire un percorso per far fronte all'emergenza «Il G7 - hanno riferito le fonti europee - discuterà per telefono. Non è ancora confermato se sarà in una sola fase o in due». Intervistato alla radio ieri mattina, il ministro delle Finanze francese, Francois Baroin, che presiede G7 e G20 sotto la presidenza francese, ha affermato che «è ancora troppo presto per dire se ci sarà o meno una riunione di vertice». Secondo il calendario, i ministri e i banchieri centrali dovrebbero incontrarsi a inizio settembre a Marsiglia. Ora si attende con ansia la riapertura dei listini di lunedì, dopo che la scorsa settimana è stata la peggiore dal novembre 2008 con ribassi intorno al 10% in Europa e del 5,8% per il Dow Jones. Certo la pressione dei mercati, più che i richiami della Commissione Ue e della Bce, ha portato l'Italia ad anticipare di un anno degli effetti della manovra mentre in Spagna i candidati alle elezioni di novembre hanno annunciato misure di stretto rigore. Decisioni accolte con favore dalle istituzioni internazionali e dall'istituto centrale europeo dal quale sembra arrivare uno spiraglio per possibili acquisti dei titoli di Stato dei due paesi sul modello di quanto già fatto per quelli di Irlanda e Portogallo. Operazioni che però si scontrano con la maggiore massa di debito della Spagna e soprattutto dell'Italia il cui mercato dei titoli di stato è difficile da controllare e arginare per la sua mole. Al riguardo diverse voci hanno indicato una divisione fra i componenti dell'Eurotower sull'opportunità o meno di procedere agli acquisti di titoli di stato del nostro paese. Peraltro anche gli interventi sui titoli di Grecia, Portogallo e Irlanda non sono riusciti ad arginare il loro scivolamento verso il salvataggio e la Bce ne aveva interrotto gli acquisti per 18 settimane. Fil. Cal.

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