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Il Cav deve lasciare Palazzo Chigi?

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Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

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Perché no La resa dà ragione ai suoi nemici Spero che il Cavaliere non faccia nessun passo indietro.Che tenga invece duro fino alla fine della legislatura. Lo so che quel passo viene ormai considerato un gesto saggio anche da molte eccellenti persone della sua cerchia, e persino della sua famiglia. Ma tutti coloro che, come me, non fanno parte di nessuna cerchia o famiglia, ma si accontentano di appartenere al popolo dei suoi fans, temono invece che con questo passo lui stesso ratificherebbe l'orrenda leggenda che i suoi nemici gli hanno cucito addosso appiccicandole il non lieto fine che essi hanno sempre sognato. Questa leggenda ha fatto di lui l'uomo politico più odiato, disprezzato, calunniato e dileggiato del mondo. Non solo infatti in Italia e in Europa ma in tutto l'Occidente, anzi in tutti i paesi della terra, sulla base delle informazioni diffamatorie cucinate nel nostro paese, viene descritto come un tiranno spregevole, un ridicolo parvenu, un corruttore e sfruttatore di fanciulle e soprattutto come un furfante la cui strepitosa fortuna economica e politica sarebbe nata e cresciuta da losche radici criminali. Nemmeno i più feroci caporioni rossi e neri del secolo scorso, nemmeno Stalin, Hitler e Mussolini riuscirono a suscitare tanto odio e un disprezzo. Anzi, durante tutta la loro vita, quei despoti sanguinari riscossero rispetto e ammirazione un po' dovunque, anche nell'allora cosiddetto mondo libero, e trovarono non pochi estimatori specialmente presso cerchie sociali e culturali di gusti abbastanza simili agli attuali salotti antiberlusconiani. Questo fa del sua caso un fenomeno assolutamente inedito nella storia dei moderni deliri ideologici. Quali ne saranno mai le ragioni? Esse rimandano tutte alla sfera della chiacchiera. Nessuna delle innumerevoli colpe morali, economiche e politiche che gli vengono attribuite può essere infatti considerata giuridicamente provata. Molti dei tanti processi coi quali si è tentato di annientarlo muovendogli qualche accusa più o meno infamante si sono conclusi con sentenze assolutorie. Nessuno dei verdetti a lui sfavorevoli emessi alla fine di alcuni altri processi appare davvero incrollabilmente fondato. La leggenda in effetti è una fitta trama di pettegolezzi, voci e dicerie incessantemente fomentata e sostenuta da ormai ben tre lustri e rotti da una delle più forsennate campagne politico-mediatico-giudiziarie di tutti i tempi. Siamo insomma nel regno della favola. Anzi della magia nera. Soltanto un diabolico sortilegio può fra l'altro indurre vasti armenti di imbecilli a vedere in lui il Padrone Assoluto di quel sistema dell'informazione che da anni non fa che fustigarlo. Ma forse nessuno degli innumerevoli episodi giudiziari che questa favola ha generato ha finora espresso la nerissima natura demoniaca dell'odio che la fomenta come l'assoluzione di quel suo aggressore che a Milano gli spaccò la faccia con una statuina: sentenza davvero strabiliante, giacché giustificando quel gesto potenzialmente assassino come l'effetto della giusta indignazione destata in quel disgraziato da un comizio del Cavaliere, equivalse in sostanza a incolparlo persino di quel tentativo di accopparlo. Stando così le cose, essendo cioè l'intera faccenda un caso di magia nera, come non capire che il passo indietro consigliato al Cav un po' da tutti, nemici e anche amici, verrebbe fatalmente interpretato come un più o meno implicito riconoscimento della verità della suddetta favola e per ciò stesso come una tacito resa alla muta dei suoi persecutori? Di Ruggero Guarini Perché sì Tagliare è un modo di ricominciare Questa storia del «passo indietro», da farsi o rifiutarsi, non ha senso. Nelle democrazie serie le opposizioni puntano a vincere le elezioni e sostituirsi a chi governa, mica a convincerlo che è il caso d'andare in vacanza, lasciando un altro, da lui stesso scelto, a prenderne il posto. Se da noi le cose vanno diversamente lo si deve alla debolezza intellettiva e all'innaturale avversione verso le maggioranze governanti. A gran parte della cultura italica fa orrore che chi vince le elezioni abbia il diritto-dovere di governare, senza neanche farsi legittimare dai presunti titolari della morale vongolesca. Significa, ciò, che Silvio Berlusconi fa bene a tirare dritto, senza nulla cambiare, puntando al 2013 per principio? No, non credo proprio, perché il governo è defunto da un pezzo. La politica e gli affari di Stato non si governano facendo passi indietro, e manco di lato, ma conservando lucidità nell'analisi della realtà e chiarezza di visione per il futuro. Qualche volta perseverare è un modo per finire, mentre tranciare un modo per ricominciare. Chi qui scrive vide la fine di questa legislatura già un anno dopo l'elezione, nel giugno del 2009. Ancora una volta abbiamo avuto a che fare con una maggioranza di governo che s'è spappolata in divisioni interne, fino a subire una scissione, e che è rimasta tale grazie ad apporti dall'esterno. Criticammo il governo Prodi che si reggeva in piedi grazie ai voti dei senatori a vita e sono convinto che la coerenza sia una qualità. Il protrarsi della legislatura ha fatto crescere il ruolo politico del Quirinale, sbilencando ulteriormente la nostra architettura costituzionale, e messo l'opposizione a galleggiare sui suoi eterni dilemmi, circa la prevalenza delle alleanze o dell'identità programmatica. Nel frattempo la politica sbraca nei confronti della giustizia, per due volte chiedendo che parlamentari siano arrestati e una volta riuscendoci, sicché l'andare avanti equivale all'andare al macello. È vero, sono state prese misure importanti per tamponare la speculazione contro i titoli del nostro debito pubblico. Ma son pur sempre pezze, mentre il peso dell'Italia scema nell'unica sede preposta a risolvere la questione, quella europea. Non possiamo lasciare che le cose restino in mano a francesi che scatenano guerre per fregarci e tedeschi guidati con miopia. Ma non abbiamo la forza per impedirlo. Si dice: se Berlusconi arretra non fa che dare ragione ai suoi critici. Al contrario: se non si muove conferma che gl'interessa solo restare dov'è. A che scopo, per potere intestarsi altre misure di rigore e altri (sì, altri, non prendiamoci in giro) aumenti di tasse? È evidente che il protrarsi dell'agonia indebolisce e snatura tutti, a cominciare da chi incarnò il sogno liberalizzatore e modernizzatore. Gli chiedono un passo indietro, i cultori del balletto a spese altrui, per potere dare vita ad un governo di salvezza nazionale. Il cielo ci salvi. Ai tecnici abbiamo già fatto governare le privatizzazioni e il cambio della lira, e peggio (colpevolmente) non si sarebbe potuto fare. No, grazie. L'Italia ha bisogno di politica, non d'essere commissariata. Ma di politica seria, che abbia respiro, che parli al futuro. Non c'è. Né in maggioranza né all'opposizione. C'è un dimenarsi scomposto per la sopravvivenza, che già è presagio avanzato della fine. Di passi indietro non se ne deve fare uno, ma una decina. In modo da guardare l'insieme con un certo distacco e aver chiaro quel che a me sembra di vedere: così non si va da nessuna parte. Di Davide Giacalone

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