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"Violato il segreto, voto non valido"

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Il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto

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C'era una volta il voto segreto. Il regolamento della Camera parla chiaro. Articolo 49: «Sono effettuate a scrutinio segreto le votazioni riguardanti le persone, nonché, quando ne venga fatta richiesta ai sensi dell'articolo 51, quelle che incidono sui principi e sui diritti di libertà...». Questo tipo di votazione - disciplina l'articolo 55 - «normalmente» ha luogo mediante procedimento elettronico. Così è avvenuto mercoledì, quando l'Aula si è espressa sull'autorizzazione all'arresto del deputato Pdl Alfonso Papa. Non sempre, però, la tecnologia aiuta la democrazia. Ci ha infatti pensato il capogruppo dei Democratici Dario Franceschini a inventarsi il modo di rendere palese un voto segreto elettronicamente espresso: basta mettere bene in evidenza l'indice della mano sinistra, assicurarsi che cronisti e fotografi in piccionaia stiano assistendo alla scena, tuttalpiù autoscattarsi col cellulare e il gioco è fatto. È così che si è deciso di mandare in galera Papa. Così, dopo le accuse incrociate all'interno della maggioranza, ieri le contestazioni del Pdl si sono concentrate proprio sulla regolarità del voto e sulle parole di Franceschini che hanno aperto il fronte dei sospetti su possibili "controlli" dall'alto. L'attacco arriva di prima mattina e non risparmia neanche il presidente Fini. «Il voto sull'arresto di Papa non è stato segreto ma palese con procedimento elettronico», accusa Francesco Paolo Sisto puntando il dito sullo stratagemma usato da Pd e Idv per fare emergere come votavano i rispettivi deputati. Del problema della segretezza del voto viene investita la presidenza della Camera. Perché, sostiene Silvano Moffa, presidente del gruppo "Popolo e Territorio" che per l'arresto di Papa aveva chiesto lo scrutinio segreto, «una cosa è dire come si vota, un'altra è votare seguendo un ordine di scuderia». Il capogruppo del Pd Dario Franceschini reagisce. «Il tema della segretezza del voto non esiste. Il singolo deputato - dice - può dichiarare il proprio voto, e il sistema ne garantisce comunque la segretezza. Chi vuole votare palesemente malgrado lo scrutinio segreto per non essere accusato all'esterno, può farlo, come noi abbiamo fatto ieri, senza che la legittimità della votazione risulti compromessa». A lui si associa Massimo Donadi dell'Idv: «Non c'è stata alcuna violazione - rileva - ma la scelta, libera e autonoma, di una parte dei parlamentari, di rendere riconoscibile il proprio voto. Una scelta di trasparenza politica che fa onore all'Aula di Montecitorio». Ma il Pdl non molla. Dapprima Fabrizio Cicchitto chiede: «Cosa avrebbe detto la sinistra se noi avessimo fatto come loro sui voti segreti sul biotestamento?». E in barba alla tecnologia propone di tornare al lentissimo (ma sicurissimo) sistema delle palline bianche e nere che una volta si usava alla Camera. Successivamente, con una lettera a Fini e sollevando il caso in conferenza dei capigruppo, il presidente dei deputati del Pdl chiede al presidente di Montecitorio di invalidare il voto su Papa, mentre Amedeo Laboccetta addirittura annuncia che si rivolgerà alla procura di Roma. Fini difende la legittimità della votazione. «Non ci sono presupposti per considerare non valido quel voto, e anche Cicchitto lo sa», spiega il presidente della Camera alla cerimonia del Ventaglio. «Se da una parte ogni deputato ha il diritto di vedere tutelata la segretezza del proprio voto - puntualizza - d'altra parte, egli ha la piena facoltà di far conoscere come ha votato. È indubbio che nessuno possa controllare come un deputato vota a scrutinio segreto, ma è evidente che la segretezza del voto è certa solo se lo stesso deputato si avvale del proprio diritto». Una risposta burocratica, insomma. Ma che Fini non avrebbe azzardato oltre non era certo un segreto. Na. Pie.

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