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Di questo governo è liberale sola la retorica

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Antonio Martino

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Prima Stefania Craxi, con una lettera al Corriere, poi il mio amico Francesco Damato, con una al Tempo, si dolgono perché Mario Sechi, Francesco Perfetti ed io avremmo diffamato il socialismo considerando ispirata a tale ideologia la manovra e sostenendo (io, non gli altri) che questo è un governo socialista e pieno di socialisti. Francesco Damato ed io scrivevamo sul Giornale di Montanelli, poi lui fu allontanato perché ritenuto troppo filo-craxiano. Io ho perso la mia collaborazione alla Stampa perché bollato come anti-craxiano. Abbiamo, quindi, qualcosa in comune! Dato, tuttavia, che la differenza di opinioni non è meramente semantica ma ha anche un'enorme rilevanza pratica, varrà forse la pena cercare di chiarire le cose. Liberale, secondo Cavour (che di liberalismo s'intendeva non poco) è chi crede "nel principio di libertà, nel principio della libera concorrenza, del libero svolgimento dell'uomo morale e intellettuale". Sempre secondo il grande conte è socialista chi ritiene che "le miserie dell'umanità non possano venire sollevate, che la condizione delle classi operaie non possa essere migliorata se non col restringere ognora più l'azione individuale, se non coll'allargare smisuratamente l'azione centrale del governo, nella concentrazione generale delle forze individuali". Se si sta a queste definizioni, che a me sembrano sempre valide, mentre per i socialisti la soluzione va cercata nell'intervento pubblico, per i liberali quest'ultimo è il vero problema, l'unica vera minaccia alla libertà individuale. Socialista era Mussolini, non solo quando dirigeva l'Avanti, socialisti erano quelli che lasciarono il Psi nel 1921 a Livorno e fondarono il Pci. Infine, a costo di apparire provocatorio, il caporale austriaco era a capo del partito nazionalsocialista! Socialista era Riccardo Lombardi, che insistette per la nazionalizzazione dell'energia elettrica "per ragioni politiche, anche se dannosa sotto il profilo economico", e sempre socialista era Francesco De Martino che voleva nazionalizzare tutto, tranne i saloni dei barbieri! Quanto a Bettino Craxi, che ho ammirato pur non condividendone le idee, è certamente vero che era anticomunista forse più di me e che non potrebbe in alcun modo essere assimilato a De Martino o Lombardi (per non parlare di comunisti, fascisti o nazisti), ma è anche vero che, per via del "consociativismo" (l'accordo sotto banco di democristiani e comunisti), gli anni Ottanta sono stati disastrosi per la finanza pubblica: il rapporto debito su prodotto interno lordo era del 54% nel 1980, schizzò al 123% nel 1993. Quanto al Pli di Malagodi, Zanone e Altissimo, non aveva nulla di liberale tranne il nome. Vi aderii solo per continuare la tradizione familiare, ma ho sempre fatto parte di una minoranza composta da una sola persona! Malagodi era molto orgoglioso di essere presidente dell'Internazionale liberale e non mi perdonava per avere io definito quell'organizzazione come "un insieme di partiti che hanno in comune solo due cose: si dicono liberali e perdono tutte le elezioni!" Se posso ripetermi, esistono solo quattro tipi di governo. Il primo è uno che parla liberale e governa da liberale (Reagan, Thatcher, Roger Douglas); il secondo è uno che parla socialista e governa da liberale (Blair); il terzo parla socialista e governa da socialista (i governi svedesi quando guidati dai socialisti); l'ultimo, e peggiore, è un governo che usa retorica liberale e governa da socialista. Non certo per colpa o per volere di Berlusconi, è questo il caso del nostro governo. Non bossista, cara Stefania Craxi, né comunista, caro Francesco Damato, semplicemente statalista. Dal momento che lo statalismo nella versione moderna è una creazione del socialismo ottocentesco, non credo che qualificare socialista questo governo, oltretutto composto in gran parte da ex militanti del Psi, sia tanto errato. A chi fosse interessato ad approfondire la questione mi permetto di segnalare «La via della schiavitù» di Hayek (che lo dedicò a "i socialisti di tutti i partiti"), appena ristampato nella versione ridotta da Liberilibri (16 euro), e «Socialismo» di Ludwig von Mises. Basteranno queste due letture a far comprendere ai miei amici socialisti la differenza profonda che intercorre fra un liberale e un socialista? Temo di no: si può portare un socialista all'acqua ma non lo si può costringere a bere!  

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