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Lodo Mondadori, Berlusconi: "Norma giusta ma la ritiro"

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Silvio Berlusconi nell'aula del Senato in una foto d'archivio

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Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, difende la cosiddetta "norma Lodo" contenuta nella manovra definendola "giusta" e "doverosa" ma, in una nota, ne annuncia il ritiro. "Nell'ambito della cosiddetta manovra - ha spiegato nel comunicato il premier - è stata approvata una norma per evitare attraverso il rilascio di una fideiussione bancaria il pagamento di enormi somme a seguito di sentenze non ancora definitive, senza alcuna garanzia sulla restituzione in caso di modifica della sentenza nel grado successivo". "Si tratta - ha sottolineato Berlusconi - di una norma non solo giusta ma doverosa specie in un momento di crisi dove una sentenza sbagliata può creare gravissimi problemi alle imprese e ai cittadini. Le opposizioni hanno promosso una nuova crociata contro questa norma pensando che, tra migliaia di potenziali destinatari, si potrebbe applicare anche a una società del mio gruppo". "Si è prospettato infatti che tale norma avrebbe trovato applicazione nella vertenza Cir - Fininvest dando così per scontato che la Corte di Appello di Milano effettivamente condannerà la Fininvest al pagamento di una somma addirittura superiore al valore di borsa delle quote di Mondadori possedute dalla Fininvest". "Conoscendo la vicenda ritengo di poter escludere che ciò possa accadere e anzi sono certo che la Corte d'Appello di Milano non potrà che annullare una sentenza di primo grado - ha concluso - assolutamente infondata e profondamente ingiusta. Il contrario costituirebbe un'assurda e incredibile negazione di principi giuridici fondamentali". "Per sgombrare il campo da ogni polemica - ha quindi spiegato il premier - ho dato disposizione che questa norma giusta e doverosa sia ritirata. Spero non accada che i lavoratori di qualche impresa, in crisi perché colpita da una sentenza provvisoria esecutiva, si debbano ricordare di questa vergognosa montatura".   POLEMICA SUL LODO Sul testo giunto ieri al Quirinale il capo dello Stato Giorgio Napolitano ha risposto ai giornalisti a margine di un convegno sull'Europa: "Non dico nulla. Sulla manovra, quando sarà il momento, conoscerete le nostre determinazioni". È polemica, intanto, sulla norma che consentirebbe di stoppare i risarcimenti in appello oltre i 10 milioni incidendo così sul caso Lodo Mondadori e sul maxi risarcimento che Fininvest potrebbe essere chiamata a versare alla Cir dopo la sentenza di secondo grado. La norma "salva Fininvest" solleverebbe più perplessità e il Colle potrebbe bocciarla, chiedendo poi a Palazzo Chigi di modificare il testo della manovra. Intanto lancia l'allarme il vice presidente del Csm Vietti, per il quale modificare il principio dell'esecutività della sentenza in appello "significherebbe rischiare di stravolgere il sistema: credo che convenga non farlo per non violare il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Si creerebbe - conclude il vicepresidente dell'organo di autogoverno della magistratura - una disparità fra chi è in grado di pagare la cauzione (necessaria per richiedere la sospensione dell'esecutività della sentenza, ndr) e chi non lo è". MALUMORE DELLA LEGA Per il Governo parla il ministro degli Esteri Franco Frattini, che ammette come sulla norma non ci sia stata "discussione approfondita" in Consiglio dei ministri, ma che comunque si tratterebbe di una "norma di ordine generale e non particolare" che recepisce "un principio che già esiste nel codice civile". Dura l'opposizione. Per il segretario del Pd Bersani la norma sarebbe "un insulto" al Parlamento, e Rosy Bindi, presidente dell'Assemblea del partito, parla di testo "aberrante" sul quale i democratici sono pronti alle barricate. La norma non sarebbe piaciuta neanche ai vertici della Lega. Dalle parti di via Bellerio, infatti, storcono il naso e trapela più di qualche malumore. A quanto si apprende, Umberto Bossi, Roberto Maroni e Roberto Calderoli non avrebbero nascosto la sorpresa per una norma che non sarebbe stata prima discussa nel Cdm dedicato al varo del provvedimento. Il malumore del Carroccio, a quanto si apprende, sarebbe dovuto al metodo adottato dal governo, che con un vero e proprio blitz, praticamente a scatola chiusa avrebbe inserito la norma in questione senza un confronto con gli alleati. IL PREMIER SU TUTTE LE FURIE Infuriato. Così, chi ha avuto modo di parlargli, descrive Silvio Berlusconi per lo stop subito sulla cosiddetta 'salva Fininvest'. Convinto, il Cavaliere, che in molti lavorano per indebolirlo. "Giocando sulla mia pelle", è stato lo sfogo consegnato oggi ai vertici pidiellini con i quali si è trovato a discutere. Infuriato, certo, per "il polverone" sollevato dall'opposizione e "dai suoi giornali". Ma ancor di più sospettoso con chi avrebbe dovuto sposare la battaglia per una norma che il Cavaliere considera "giusta" e invece ha giocato allo 'scaricabarile'. Una manovra che di fatto ha creato il vuoto attorno al premier e lo ha costretto a mettere nero su bianco nel comunicato la decisione di ritirare la norma contestata. Più di un aspetto non è andato giù a Berlusconi. Il Cavaliere non ha gradito l'atteggiamento di Giulio Tremonti, ma anche la freddezza della Lega e le perplessità del Quirinale, rese pubbliche fin da ieri in via ufficiosa. Il presidente del Consiglio, al di là di quanto lasciato trapelare ieri da fonti ufficiali, ha molto spinto e molto si è speso per la norma salva Fininvest, della quale pochissimi erano a conoscenza. Insistendo soprattutto con il ministro dell'Economia, che fonti di governo descrivono dubbioso fin dall'inizio sulla reale possibilità che la norma potesse realmente essere approvata. Un sospetto che nel governo fa proprio un ministro che, dietro anonimato, suggerisce: "Tremonti ha lasciato fare, convinto che tanto Berlusconi sarebbe andato a sbattere...". STOCCATA DALL'ALLEATO PADANO Fastidio analogo a quello che Berlusconi - raccontano - ha provato nei confronti della Lega. L'alleato padano ha avuto modo di far arrivare al Cavaliere un segnale inequivoco: basta leggi ad personam. In mattinata lo stato maggiore leghista aveva lasciato trapelare tutto lo stupore per una norma capace di "spiazzare" i ministri del Carroccio, che nel testo ricevuto giovedì scorso non ne avevano trovato traccia. Il "profondo malumore" leghista è apparso a molti la pietra tombale su una sortita che già i dubbi del Quirinale avevano contribuito a rendere velleitaria. Proprio i dubbi del Colle, le indiscrezioni che riportavano dello stupore quirinalizio per la norma, avevano agitato la tarda serata di ieri a Palazzo Grazioli. Stretto nella morsa, consapevole del muro innalzato per stoppare la salva Fininvest, Berlusconi non ha potuto far altro che accettare la situazione e annunciare il passo indietro. Resta lo sfogo del premier, "giocano sulla mia pelle", che fa il paio con il "vogliono rovinarmi" scandito in più occasioni di fronte al rischio di una condanna che potrebbe comportare anche la necessità di vendere le aziende.  

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