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La missione di Alfano

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Silvio Berlusconi e Angelino Alfano

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È iniziata la "impossible mission" di Angelino Alfano: rianimare il partito, trasformare un movimento tenuto insieme dalla forza aggregante di un leader capace di incarnare il sogno liberale in un partito vero fondato sulla dialettica delle idee, la definizione di un programma, il radicamento territoriale. È una "mission impossible" perché alle origini ci sono la paura del disastro annunciato da pesanti risultati elettorali e la constatazione di un fallimento politico. Un fallimento politico. L'esperienza del governo di centrodestra si è rivelata un'occasione mancata per un paese la cui storia si è sviluppata, con la parentesi del governo della "destra storica" dal 1861 al 1876, all'insegna di gabinetti proiettati a sinistra. Per non dire dei ministeri succedutisi durante la dittatura fascista che segnarono il trionfo dello statalismo e del privilegio corporativo. E per non dire, ancora, della stagione della prima repubblica caratterizzata da una deriva illiberale verso l'assistenzialismo e il consociativismo. Corruzione e scandali hanno accompagnato la nostra storia creando una trama di interessi e complicità che hanno sedimentato di laccioli burocratici, privilegi corporativi, comportamenti malavitosi neppure più percepiti come tali. La discesa in campo di Berlusconi nel 1994 alimentò la speranza di ricostruire il paese su una piattaforma liberale e liberista. Pochi punti alimentavano quel sogno: eliminazione dei privilegi di casta, riduzione dei costi della politica, soppressione di enti inutili, uscita di scena del Moloch burocratico e, soprattutto, riforma del fisco. Pochi punti. Ma che rispondevano al buon senso e andavano incontro alle aspettative del cittadino. Berlusconi interpretò la domanda politica. Irruppe sulla scena come un cavaliere, senza macchia e senza paura, alla guida di un movimento agile e battagliero. Di risultati ne furono conseguiti. E rimarranno all'attivo: l'aver fermato la "resistibile ascesa" della macchina da guerra comunista nella corsa alla conquista del potere, l'aver ridato cittadinanza politica a tanti moderati condannati al ghetto dalla "conventio ad excludendum" dell'"arco costituzionale", l'aver instaurato un'alternanza tra governo e opposizione. Fu un buon inizio. Poi la vecchia politica ha risollevato la testa. Si è introdotta nelle vene del movimento berlusconiano emarginandone le componenti liberali. Il cavaliere è stato spinto sulla difensiva sotto l'incubo della persecuzione giudiziaria e il continuo lancio di schizzi di fango. Il governo ha bordeggiato fra piccoli compromessi e grandi ricatti. Ha perso smalto e rapporto col paese. Il risultato è un'azione debole, contraddittoria, vecchia. Il contrario delle aspettative. La manovra economica lo dimostra. È la certificazione del fallimento delle speranze riposte nel centrodestra. Non ha nulla di liberale. È depressiva perché centrata su entrate fiscali e su provvedimenti che colpiscono il ceto medio. Nessun intervento sulle tasse, sugli sprechi della casta. Semmai accenni irritanti: quelli che rinviano ad altra legislatura la riduzione dei costi della politica, creando disparità di trattamento fra i cittadini, costretti a pesanti sacrifici, e i politici i cui (pochi) sacrifici annunciati vengono dilazionati in un tempo che probabilmente non verrà mai. Non è la strada per riconquistare un elettorato che si è allontanato dal centrodestra. In questa situazione, con un governo che rema contro, Alfano si trova davvero a gestire una "mission impossible". C'è solo da sperare che, come gli eroi di una serie tv, sappia rendere possibile ciò che appare impossibile.  

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