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"Poco coraggioso". Scaricato Tremonti

Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti

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Da una parte Moody's e la minaccia di un taglio del rating. Dall'altra Pontida. In mezzo Giulio Tremonti. Chi si aspettava che - dopo il raduno leghista - a tremare fosse il Cav, dovrà fare i conti con la realtà. E con il classico epilogo che non ti aspetti: la testa chiesta in sacrificio per placare la rabbia dei lumbard che si agitano sul sacro prato padano è quella del ministro dell'Economia. Dell'alleato di sempre. Umberto Bossi si rivolge a lui con la più gentile delle apostrofi: «Caro Giulio», esordisce. Il tono, però, si fa drasticamente più duro subito dopo: «Se vuoi ancora i voti della Lega in parlamento non devi toccare gli artigiani e le piccole imprese, altrimenti metti in ginocchio il Nord», attacca. «Giulio - il "caro" è già archiviato - devi riscrivere il patto di stabilità per i Comuni, in modo che possano spendere i loro soldi e pagare i loro debiti - continua il Senatùr - Siamo schiavi del centralismo romano». La folla è domata. Scalpita. L'Umberto piazza l'acuto: «Tremonti ha fatto delle cose vergognose che neanche la Sinistra aveva fatto. La pressione fiscale ha superato ogni limite». Il «divo» Giulio dei giorni nostri è sotto processo. A puntare il dito contro di lui ci sono ormai anche gli «amici» leghisti. La «sorpresa» di Pontida più volte annunciata dai leader del Carroccio, altro non è che questa. Adesso la palla passa nelle mani di Tremonti. Che farà il ministro dell'Economia? Se lo domandi a Carlo Calenda - tra i fondatori di Italiafutura, braccio destro di Luca Cordero di Montezemolo - il titolare di via XX settembre non deve retrocedere di un passo: «L'unica possibilità che non ha l'Italia è quella di perdere il controllo dei conti pubblici - spiega - Quella di Bossi non è che propaganda. Il sistema di vincoli economici, esterni ed interni, che abbiamo rappresenta la premessa per la crescita e non può essere sacrificato. Dobbiamo piuttosto impostare una riforma che rimoduli il carico fiscale», spiega. Di propaganda parla anche l'ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari: «Quello lanciato da Bossi al "caro Giulio" non è un attacco. Piuttosto è un appello inutile. Il Senatùr sa per primo che non potrà sortire alcun effetto concreto. La Lega ha sempre detto quel che la gente voleva sentirsi dire. Ripete a gran voce gli istinti dei suoi, piuttosto che cercare di governarli». Ha un'idea diversa Mario Baldassarri, presidente della commissione Finanze del Senato: «Era ora che la Lega si muovesse! - commenta - Adesso è sulla strada giusta. Tremonti ha solo spostato in avanti il problema del deficit. Non è vero che non si può fare diversamente. Si può, eliminando i tagli lineari e intervenendo dove ci sono sprechi, ruberie. Uno può essere bravo ad autodefinirsi campione del rigore, ma il rigore deve esserci nei numeri non nei titoli dei giornali. Io ho proposto al governo una strada diversa, quella proposta anche da Draghi. Anche il messaggio di Moody's è stato strumentalizzato. È senza crescita che rischiamo. Moody's non sta con Tremonti, sta con Draghi», sentenzia. Alla fine il più realista è Paolo Cirino Pomicino: «Nessun avviso di sfratto per Tremonti da Pontida. Se lui dovesse dimettersi, la cosa avrebbe sui mercati internazionali un impatto negativo che non possiamo permetterci. E chi dovesse sostituirlo, comunque, non sarebbe in grado di fare una riforma che riesca a coniugare rigore e sviluppo. Serve una maggioranza più ampia che sappia far passare decisioni impopolari con una prospettiva positiva», spiega sicuro.

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