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"Basta prendere sberle"

Umberto Bossi

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A porgere l'altra guancia qualche volta si rischia grosso e questa volta a rendersene conto è stata proprio la Lega Nord che, come ha detto il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, ha incassato un altro sonoro schiaffo nell'arco di soli quindici giorni: «Alle Amministrative due settimane fa abbiamo preso la prima sberla, ora, con il referendum, è arrivata la seconda. Non vorrei che quella di prendere sberle diventasse un'abitudine. Anzi. Vorremmo proprio evitare che si concretizzi il proverbio per cui non c'è il due senza il tre...». Il Carroccio si lecca le ferite. Sul referendum, al contrario di Berlusconi che aveva invitato a disertare le urne, i nordisti avevano lasciato libertà di coscienza ai propri elettori proprio per evitare che l'eventuale esito positivo del voto si trasformasse in un boomerang per la maggioranza. Così invece è stato e, ieri pomeriggio, i vertici del partito del Nord, riuniti in via Bellerio per la consueta riunione del lunedì, hanno constatato che buona parte della base leghista ha voluto esprimersi sui quesiti referendari. Una parte influente capeggiata del governatore del Veneto, Luca Zaia, che non solo è andato a votare ma ha messo la croce su quattro «sì». Una decisione che l'ex ministro dell'Agricoltura aveva annunciato ancor prima che aprissero le urne e che ieri ha voluto giustificare: «Non ho certo pensato ad una spallata, perché i temi del nucleare e dell'acqua pubblica sono temi etici e non politici. Chi è andato a votare lo ha fatto in piena libertà. Conosco molti elettori della Lega che si sono recati alle urne. Ma non vuol dire che gli elettori di centrodestra andati al referendum domani voterebbero centrosinistra». Poi precisa commentando le parole di Calderoli: «Ha ragione il ministro quando dice "siamo stufi di prendere sberle", perché è anche vero che il 2013 è dietro l'angolo, e quindi io spero che ci sia un'agenda di lavori che metta "i puntini sulle i" a tutte queste riforme che abbiamo promesso ai cittadini e che dovremo assolutamente fare, come è nello stile della Lega». Ma nella Lega quella di Zaia non è stata l'unica presenza ai seggi. Per esempio anche il ministro dell'Interno Roberto Maroni, che ieri era in Via Bellerio assieme a Bossi, Calderoli, al presidente del Piemonte Roberto Cota e al capogruppo al senato Federico Bricolo, ha ritirato le schede riguardanti i quesiti sull'acqua annunciando di aver votato in modo favorevole. Chi invece si è spinto oltre è l'eurodeputato Matteo Salvini, uomo chiave della Lega a Milano, che non ha perso occasione per imputare alle politiche economiche del governo il malcontento del Nord: «L'incazzatura di parecchia gente viene, ad esempio, dal fatto che il comune di Monza ha un avanzo di 32 milioni di euro che non può spendere a causa del patto di stabilità interno gli impedisce di spendere i soldi. O Berlusconi e Tremonti riescono a uscire da queste secche o qui strangoliamo l'economia». Invito a una svolta che arriva anche dal sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, («Io non sono andato a votare ma se una parte dell'elettorato di centrodestra lo ha fatto vuol dire che si voleva dare un segnale al premier») e da Davide Boni, presidente del Consiglio regionale lombardo: «Il governo deve prendere atto di quello che il popolo ha deciso perché o rilanciamo la partita o diventa tutto più difficile». Che tutto possa diventare più difficile non è un'idea poi tanto campata per aria soprattutto se si ascolta lo sfogo degli ascoltatori di Radio Padania. Alcuni hanno votato, altri no, ma nel complesso sono sempre più critici nei confronti di Silvio Berlusconi. «Umberto ti prego mollalo», chiede Marco in un sms. «Ha ragione Calderoli, se continuiamo così arriverà la terza sberla e la quarta vien da sé. O la Lega torna a fare la Lega o torniamo al 4%» è lo sfogo di un ascoltatore. Poi è l'ora di Stefano da Bergamo: «Meglio soli che male accompagnati, direbbe qualcuno. Se la Lega vuole andare avanti, l'unica soluzione è che Berlusconi vada a Villa Certosa o dove vuole a fare il bunga bunga. Con lui si va a fondo». Fino ad arrivare a Claudio dalla Valcamonica che «dopo tanti anni» domenica prossima non andrà a Pontida: «Tutta la nostra gerarchia, da Bossi in giù, si sono romanizzati: dicono una cosa e ne fanno un'altra. Sono pronto a combattere fino alla morte quando tornerà la vera Lega». Così l'Umberto ora si trova tra l'incudine (Berlusconi) e il martello (gli elettori nordisti). È consapevole che, come dice lui, «nessuno può scappare» ma al tempo stesso si prepara a galvanizzare il proprio popolo domenica prossima a Pontida. E proprio da quel palco potrebbe partire l'ultimatum al governo: o si cambia passo e si fa la riforma fiscale oppure «non moriremo con Berlusconi».

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