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La servitù processa il caro amico Silvio

Da sinistra Alessandro Sallusti (Il Giornale), Maurizio Belpietro (Libero), Giuliano Ferrara (Il Foglio), Mario Sechi (Il Tempo)

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Se la ride Silvio Berlusconi. In piedi sul palco del teatro Capranica di Roma mentre la servitù si alterna al microfono. Se la ride, ma è solo una sagoma di cartone. Il Cavaliere quello vero, pur annunciato, non si è presentato. E chissà se sta ridendo. Chissà se avrebbe riso comunque ascoltando dal vivo il «processo» messo in scena dai suoi servi. Perché una cosa è chiara: l'adunata convocata da Giuliano Ferrara non ha fatto sconti al «caro amico Silvio». E si sa, quando certe cose le dicono gli amici, fanno più male. Guai però a parlare di servi ingrati. Mario Sechi, Vittorio Feltri, Maurizio Belpietro, Alessandro Sallusti e lo stesso Ferrara, animatori dell'iniziativa, vogliono bene a questo «sole» attorno al quale è ruotato il dibattito politico degli ultimi 17 anni. Proprio per questo non si rassegnano all'idea che la sua stagione avvizzisca così, sotto i colpi delle cocenti disfatte di Napoli e Milano. E per questo hanno deciso di autoconvocarsi. Per «suonare la sveglia» ad un premier e ad un Pdl che, mai come oggi, sembra avere il fiato corto. Il risultato sono una sala piena e pronta ad indignarsi quando la critica all'amato Cavaliere si fa troppo dura e un dibatitto franco sul futuro del centrodestra. Per renderlo ancora più efficace il «capo» della servitù Giuliano Ferrara coinvolge nella discussione anche alcuni degli esponenti del Pdl presenti in sala (Daniela Santanché, Alessandra Mussolini e i ministri Giancarlo Galan e Giorgia Meloni), più tre «infiltrati» di sinistra: Piero Sansonetti, Ritanna Armeni e Marina Terragni. Ed è soprattutto quest'ultima a beccarsi fischi e insulti quando, in un impeto eccessivo di sincerità, decide di spiegare ai presenti che «Berlusconi è vecchio, è muffa, ai giovani non piace più». Quando è troppo è troppo. Forse la stessa cosa la pensa Sallusti che, tra il serio e il faceto, esordisce spiegando che quello messo in scena al Capranica è un vero e proprio «regicidio» e che per tale reato c'è la «pena di morte». «Attenzione a buttare una classe dirigente vincente» avverte il direttore del Giornale facendo esplicito riferimento al "triumviro" Denis Verdini che ha da poco lasciato la sala. Ma da Ferrara a Sechi, passando per Feltri e Belpietro, il messaggio è chiaro. «Il premier è indebolito - spiega il direttore del Foglio -, smetta di vivacchiare; rimedi a questa situazione negativa rimettendosi in gioco e avviando una battaglia per il risveglio della politica». «O Berlusconi cambia - gli fa eco Sechi - o gli elettori cambiano lui». Il numero uno di Libero non ha dubbi: «Bisogna ascoltare di più l'elettorato. Sarà anche sgradevole sentirselo dire, ma è un fatto che la sconfitta ci sia stata». E Feltri prova a dare la carica: «Non facciamo funerali in assenza della salma, perché il campionato è ancora lungo e in testa c'è ancora il Pdl. E poi bisogna arrivare al 2013 in condizioni di vincere le elezioni, perché la sinistra non c'è. Se l'avversario sarà Bersani e la sinistra vince io vengo qui e mi sparo». Anche i politici non sfuggono al «processo». Galan, ad esempio, invita a tornare «alle promesse del '94 che non abbiamo mantenuto». Santanché chiede che Berlusconi sia messo nelle condizioni di comandare di più. Mussolini se la prende con chi consiglia male il Cavaliere («Lettieri sembrava un agente immobiliare»). Ma la voglia di cambiare passo è nell'aria. Occorre «spalancare le porte alla partecipazione popolare» esorta Meloni sposando l'idea di primarie lanciata da Ferrara. Il finto Berlusconi osserva e sorride. E anche se Ferrara assicura che si tratta di una sagoma a grandezza naturale, l'impressione è che abbia ragione la Mussolini: «L'avete pure fatto più basso». Servi ingrati.

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