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segue dalla prima di FRANCESCO DAMATO (...) riservi quel che meritano, specie dove hanno fatto i guasti impietosamente rivelati dalle elezioni amministrative di questa primavera ormai agli sgoccioli.

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Eppure,nonostante questi limiti, e la indubbia batosta subita negli ultimi appuntamenti amministrativi con le urne, il blocco sociale e politico rappresentato da Berlusconi rimane forte. E soprattutto può mostrarsi in grado, anche con lo strumento ben regolato però delle primarie, di sopravvivere alla eventualità di un passo indietro o di lato del Cavaliere, per quanto considerata improbabile, o addirittura impossibile, con opposti sentimenti, sia da chi gli vuole bene davvero, per esempio l'amico di sempre Fedele Confalonieri, sia da chi gli vuole male. E lo avversa magari già da quando lui era solo un imprenditore, con l'imperdonabile voglia di opporsi al monopolio della Rai, quando mancavano appena una ventina d'anni al 2000, pensate un po'. Con l'aggravante di essere appoggiato, in quella voglia contrastata dalla solita miscela di politici di sinistra e magistrati, allora fermi per fortuna ai pretori d'assalto, da quell'altro guastafeste che era Bettino Craxi. Il blocco sociale e politico che usiamo definire ormai di centrodestra, anche se contiene aree pure di provenienza e matrice liberalsocialista, aree quindi di autentica sinistra riformista, rimane forte paradossalmente a causa del processo di liberalizzazione incompiuto dopo diciassette anni di berlusconismo. Un processo che proprio perché incompiuto, a causa certamente degli errori del Cavaliere, ma anche delle resistenze oppostegli ora da un alleato e ora da un altro, gli elettori vorrebbero vedere ripreso e completato. E che non può essere di sicuro il programma della coalizione degli avversari di Berlusconi. I quali sono uniti solo nel fargli la guerra, in ogni modo, anche sotto le lenzuola, ma divisi su tutto il resto, persino sulla gestione dell'acqua, per fermarci a uno solo dei problemi sollevati dai referendum di domenica prossima. A questi referendum le opposizioni invitano tutte insieme gli elettori a non mancare per disattendere la segreta speranza di Berlusconi di vederne il naufragio per mancanza del cosiddetto quorum di partecipazione, ma senza essere in grado di indicare, sempre tutte insieme, un sì o un no. E quando indicano il sì, come nel caso del Pd di Pier Luigi Bersani, lo fanno per non compromettere i rapporti e i disegni di alleanza elettorale con la sinistra massimalista, a costo di smentire la linea e le scelte di quando si era al governo. E sì aveva detto proprio Bersani, sì lui, non un omonimo o un fratello gemello, ad un Ministero ch'egli diceva di voler avvolgere in «lenzuolate di liberalizzazioni». D'altronde, che il blocco sociale e politico di centrodestra non sia per niente in dissoluzione lo avvertono gli stessi dirigenti del Pd che non condividono la speranza di molti loro compagni che la situazione politica precipiti verso elezioni anticipate. E oppongono a queste «primitive» pulsioni, come le ha definite Massimo D'Alema polemizzando persino con L'Unità, l'auspicio che la legislatura duri ancora. Cosa che francamente non si capisce come possa accadere con un presidente del Consiglio diverso da quello liberamente scelto dagli elettori tre anni fa e provvisto tuttora di una maggioranza in Parlamento. Per quanti tentativi abbiano fatto dall'autunno scorso la nuova opposizione di Fini e le vecchie di Pier Ferdinando Casini, Bersani e Antonio Di Pietro di rovesciarlo.

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