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Caro Cav, ascolti i "Servi liberi e forti"

Il manifesto della

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Se domani Silvio Berlusconi, come sembra che farà, si recherà al cinema Capranica di Roma per onorare con la sua personale presenza la geniale iniziativa, concepita da Giuliano Ferrara, di una gagliarda riunione di “servi liberi e forti” del berlusconismo, questo suo gesto potrebbe anche avere il significato di una sua seconda discesa in campo. Ma questo significato potrà averlo soltanto se in questa singolare circostanza egli riuscirà a regalare non soltanto agli amici che converranno in quel teatro romano ma a tutti gli italiani, un momento di lieto stupore come quello che egli offrì loro quando, suppergiù diciassette anni fa, annunciando la sua decisione di entrare in politica, manifestò lo straordinario proposito di sfidare le spavalde e burbanzose armate del luogo-comunismo nazionale offrendo alle forze liberali del paese la loro prima casa politica. Molti suoi fan, compreso lo stesso Ferrara, sono convinti che egli potrà riuscire ancora una volta a stupirci soltanto se capirà che nel suo modo di fare politica, e in quello del partito da lui creato, occorre "cambiare tutto". È così, occorre "cambiare tutto". Ma questo lo potrà fare soltanto restando davvero se stesso, ovvero riscoprendo e rilanciando in campo, dopo una lunga stagione di timorosa e scialba routine, il Silvio Berlusconi ardito a fantasioso che verso la fine degli anni Novanta, quando il paese sembrava ormai condannato a lasciarsi governare da un coacervo di comprimari politici dominati da un partito appena condannato dalla storia e proprio in quegli anni riciclatosi grazie a una rivoluzione tribunalesca che fu essenzialmente un clamoroso imbroglio politico, mediatico e giudiziario. Ieri Ferrara, sul suo giornale, ha esortato tutte le figure politiche crescute all'ombra del berlusconismo a capire che non c'è più tempo, che ormai devono mettersi in gioco anche loro. In cima alla lista delle personalità alle quali egli ha rivolto il suo appello figurava ovviamente Angelino Alfano, che a suo avviso sarebbe rimasto finora soltanto «una eco e un riflesso del Cavaliere», mentre avrebbe invece il dovere di trovare il coraggio di spingerlo sulla strada del cambiamento. Seguiva poi Roberto Formigoni, che Ferrara dipinge come un personaggio che dice e non dice, fermo da anni sulla sponda di «un suo piccolo Rubicone», mentre ormai avrebbe il dovere di «presentare un programma, una piattaforma, e chiedere una verifica di leadership». Nel suo elenco del resto Ferrara cita quasi tutte le star del centro-destra, da Alemanno a Sacconi, da Brunetta a Cicchitto, da Mara Carfagna a Maria Stella Gelmini, dalla Brambilla alla Meloni, dalla Santanché alla stessa Mussolini. E a tutte ha rivolto il medesimo appello a uscire allo scoperto, a mettersi in gioco per trasmettere, con un bel "colpo di reni", una scossa all'intero movimento. Saggio e lucido consiglio, non c'è dubbio. Ma la grande frustata che sola potrà permettere al berlusconismo di uscire dallo stato di sgomento e avvilimento in cui è comprensibilmente caduto dopo le disfatte di Milano e Napoli credo che potrà darla proprio e soltanto lui, Berlusconi. Ovviamente non mi azzardo a definire il tipo di frustata che egli ha il dovere di vibrare alla sua creatura. Soltanto una candida presunzione può giustificare l'idea di scodellare circostanziati consigli a un uomo che ha già dimostrato molte volte di possedere la più rara combinazione di facoltà riscontrabili nel nostro zoo politico: quel prodigioso impasto di energia, immaginazione, astuzia, simpatia, mobilità, velocità, creatività, fiducia in se stesso, allegria e birichinaggine che ha fatto di lui un vero fuori classe. Quello che occorre rivolgergli non è dunque un consiglio ma un ordine: si affretti a dimostrarsi ancora una volta all'altezza della situazione con un gesto, una trovata, un'invenzione degni del suo rango di italiano votato alla difesa della vera anima, sempre umiliata e offesa, di questo infelice paese.

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