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In orbita contro la teoria del declino

La sede della Nasa

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Cari piagnoni, egregi declinisti, brutte notizie in arrivo. Per voi. Houston, non abbiamo un problema. Perché c'è un'Italia che vola, un'Italia che va e non è quella delle longanesiane macchinine brun brun, ma quella delle navicelle spaziali, delle stazioni orbitanti, dei satelliti, delle cromature e dell'immaginazione degne del Tommaso Landolfi di Cancroregina. L'Italia che fa. Quella discreta e intelligente. Silenziosa e operosa. È tutta a bordo dello Space Shuttle che oggi alle 15.47 (21.47 italiane) decollerà da Cape Canaveral per la sua ultima missione.  Trent'anni di onorata carriera nello spazio, non sentirsi vecchi e spiccare ancora il volo, lassù dove la terra diventa un punto blu. «Go! Endeavour!». Cape Canaveral, c'è il cuore d'America con la nostra bandiera tricolore e un uomo Roberto Vittori, colonnello, pilota dell'Aeronautica, nato a Viterbo, sposato con la signora Vittoria e papà di tre bambini. Astronauta. Italiano. Superman Vittori. Terza missione e poi una storia da tramandare ai figli, ai giovani che vogliono creare e scommettere sul sapere. Tenacia, altra parola chiave. «Go Endeavour!», via via via, lassù in alto. Oggi il sigarone si accenderà e salirà oltre le nuvole, l'atmosfera. A guardarlo gli occhi di Barack Obama, presidente di una nazione che cerca di riscoprire il suo orgoglio ma fa i conti e i tagli del bilancio (Nasa compresa). A seguire la traiettoria, la parabola e l'uscita dalla nostra visione ci sarà Gabrielle Giffords, la congresswoman alla quale un pazzo voleva togliere la vita. Il destino si diverte a giocare a dadi: il comandante della missione è Mark Kelly, marito di Gabrielle. Significati. Incroci. Relazioni. Lo Shuttle è ricerca, verità, vita pulsante. Sfida dell'uomo sull'uomo. Italianissimo terreno di tecnologia e passione, dove i nostri vanno forte. L'Asi, con il suo coordinamento, un team eccezionale di uomini e donne; l'Aeronautica Militare, e dovresti vederli, cari lettori de Il Tempo, gli occhi dei nostri ufficiali qui a Cape Canaveral quando illustrano quello che fanno. Hanno i lucciconi. Ci credono in quello che fanno. E lo sanno fare. Il caldo torrido di queste giornate in Florida non li fiacca. Sudore. Cocoa Beach. Regno dei surfisti. Qui tutti sono abituati a dare del tu al limite, alla sfida impossibile. Si tratti di tavole che volano sulle onde o razzi che oltreppassano il nostro terrenissimo mondo che calpestiamo. È una continua lotta con la gravità, la metafora del volo. Uomo che si eleva. In cima. Sulle stelle. Gli esperimenti italiani a bordo dello Shuttle saranno dodici, e tutti sui temi che oggi dominano l'agenda dell'innovazione e della ricerca: dalla biologia, alla fisica, alla robotica. Non è vero che non ci siamo, non è vero che il Belpaese non produce idee, sperimenta e guarda la frontiera. Ci siamo. La nostra missione orbitante si chiama Dama, è un puzzle di progetti pubblici e privati. Il ruolo dell'Asi è stato quello di metterli in competizione, selezionarli, coordinarli e finanziarli. Nomi che sprizzano hi-tech: Night Vision, Biokis, Italian Electronic Nose for Space exploration, Italian Astronaut Personal Eye e via così in un elenco dove le aziende italiane si chiamano Altec, Telespazio, Kayser Italia, G&A Engineering, Dynematica, Information Technologies Services. Cose e persone: Giorgia Pontetti, Loredana Santo, Arnaldo D'Amico, Giuseppina Rea e tanti altri che non sono la retorica fuga dei cervelli spiattellata dai giornali, ma intelligenze del nostro Paese che non trovano spazio in prima pagina ma da oggi saranno su uno spazio ben più grande. Immenso. Lo spazio celeste. Perfino il logo e il nome della missione sono stati scelti in una competizione che ha coinvolto scuole e studenti italiani. Non è l'immagine stereotipata di un Paese in declino. Al posto del Presidente del Consiglio, avrei lasciato perdere gli inutili vertici di Palazzo Grazioli per vedere da vicino che cosa fanno gli italiani di valore. Sarà una giornata memorabile per gli Stati Uniti e per il nostro Paese che nei suoi centocinquant'anni di unità a corrente alternata va in orbita con la scienza e la coscienza di chi lavora sodo. Mi viene in mente la pubblicità della mia infanzia di un importante marchio italiano, «Rex: fatti non parole». E qui si toccano con mano, si vedono e parlano. L'Endeavour è sulla rampa di lancio, 80 per cento di possibilità di esecuzione in base alla meteorologia. Venti forti. Ma tutti sperano e il presidente Obama ha confermato la sua presenza. Tutti con il naso all'insù, frontiera dell'uomo. E noi italiani facciamo la nostra parte, dobbiamo solo ricordare a tutti che la teoria del declino fa male, è una grande bugia. Dobbiamo illuminarci di fatti e pensare che la strada che porta allo spazio passa per il nostro Paese. La traccerà oggi lo Space Shuttle. Go Endeavour.

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