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Moda Hanno comprato tutto Ma qualcuno resiste

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Unabattaglia che, per l'ennesima volta, risveglia quel sentimento di amore e odio che, da sempre, ha caratterizzato i rapporti tra l'Italia e i cugini d'Oltralpe. Con un'unica differenza: questa volta a lanciare il guanto di sfida è stato proprio l'Umberto decidendo di boicottare gli scambi commerciali con la Francia. Un giro d'affari che ha visto l'Italia esportare in terra francese un totale complessivo di prodotti per 39 miliardi e importare dalla Francia merci per 30,3 miliardi. Un ingente giro d'affari che non ha comunque fatto desistere la Lega dall'invitare tutti gli italiani ad alzare la testa per fronteggiare l'arroganza francese. L'affondo di Bossi, infatti, arriva in un momento in cui il malcontento italiano verso la terra di Sarkozy è alle stelle. Primi tra tutti gli allevatori inferociti per la questione delle quote latte. E proprio a quello si riferisce Bossi sostenendo che «la Francia in passato avrebbe boicottato il latte padano». Infatti in sede europea i nostri «cugini» tennero un ruolo attivo nel promulgare leggi che prevedevano multe salate per chi eccedeva nella produzione. Decisioni che allora, come oggi, hanno trovato la netta opposizione dei leghisti sempre pronti a difendere gli interessi delle classi produttive italiane. E sempre su questo filone anche le recenti acquisizioni di aziende italiane da parte di brand francesi hanno contribuito ad aumentare il nervosismo del Belpaese nei riguardi dello strapotere d'Oltralpe. Non da ultimo il caso della scalata della francese Lactalis a Parmalat. Una mossa strategica dato che in ballo ci sono, nel settore agroalimentare in particolare, le sovvenzioni dell'Unione Europea. Soldi che coprono il 40% del budget dell'Ue, dei quali Italia e Francia ne ricevono già una grossa fetta, e che, se i francesi riuscissero a conquistare pezzi importanti del settore agroalimentare italiano, come Parmalat, ma anche Cirio, diventerebbero ancora più ingenti. In altre parole più soldi europei alla Francia, meno all'Italia. A tutto questo bisogna unire il capitolo energetico e quello dell'immigrazione. Due problemi concatenati che hanno trovato la loro genesi nella guerra sponsorizzata da Parigi contro la Libia. Una nazione che, non dimentichiamo, è un'alleata storica di Roma e sua socia in affari su importanti questioni energetiche. Tutte cose che in Francia ben si sapevano e che, malignamente, si potrebbe pensare siano state il motivo scatenante dell'insistenza francese nel voler attaccare Gheddafi. Ma anche in questo caso, mentre la Francia ambisce a issare la bandierina in uno dei Paesi più ricchi del nord-Africa, l'Italia si trova ad affrontarne le conseguenze: una fiumana di immigrati clandestini provenienti dalla Tunisia, ex colonia francese, che hanno letteralmente invaso l'isola di Lampedusa. Ma di questi la Francia non intende occuparsene, e come lei anche la stragrande maggioranza dei ministri dell'Interno dell'Ue che hanno risposto con un secco «no» alla richiesta d'aiuto dell'Italia. E la «querelle» che ha seguito l'accordo italo-tunisino, con la Francia che non voleva accogliere gli immigrati di quel Paese, diventa arma di ricatto. Un ricatto al quale la Lega non intende più sottostare e, dal basso, ascoltando le proteste della propria base, indossa l'armatura e giura battaglia al grido di «boicottaggio». Il primo a urlarlo a gran voce è stato proprio Luca Zaia, governatore del Veneto, che martedì è tornato a ribadire la necessità di «boicottare» i prodotti francesi. E lo fa partendo dal suo simbolo per eccellenza: lo Champagne. «È una mia vecchia battaglia, il meno 66% dello Champagne è un grande merito che ho avuto e i veneti hanno dato seguito alla mia speranza continuando a preferire le bollicine italiane a quelle francesi». Ma Zaia riserva le parole più dure contro i cugini d'Oltralpe sul tema dell'immigrazione: «Un segnale ai francesi e all'Europa va dato. Innanzitutto dichiariamo la nostra disponibilità a uscire dall'Europa e poi c'è la necessità di cominciare a boicottare i loro prodotti. Non è possibile che al di là del confine di Ventimiglia ci sia un'oasi di pace e al di qua ci siano gli immigrati che cercano di andare in Francia con permesso di soggiorno temporaneo e si ritrovino ripristinata una frontiera». Le iniziative antifrancesi in casa leghista si sono immediatamente allargate a macchia d'olio. Così, per esempio, i nordisti seduti nel consiglio comunale dell'emiliana Langhirano hanno presentato un ordine del giorno, primo firmatario il senatore Giovanni Torri, che chiede «la possibilità di sospendere o addirittura revocare i gemellaggi che il comune intrattiene da anni con i francesi di Espalion e Cavaillon». È stato invece il senatore vicentino Paolo Franco a proporre il boicottaggio delle vacanze in Francia perché «è troppo comodo sentirsi parte dell'Europa solo quando questo torna utile, rifuggendo i propri doveri quando non c'è un immediato tornaconto». Insomma, tra Italia e Francia è scontro aperto. E così tornano alla memoria i sentimenti sanguigni dallo sport come lo scontro Materazzi-Zidane ai Mondiali 2006 e agli Europei del 2000. Eppure questa volta si ha l'impressione che si stia andando oltre. La misura è colma ed è forse giunta l'ora di dare un forte segnale d'orgoglio italiano. I primi a pensarci sono stati i giocatori di Rugby della nostra nazionale che, cosa mai successa al Sei Nazioni, hanno sconfitto al Flamionio la Francia. E ora anche la politica sta mostrando gli artigli. La Lega c'è. Qualcuno forse si unirà. Quello che è certo è che c'è chi ha già voluto tirarsi indietro: «Le parole di Bossi sul boicottaggio dei prodotti francesi sono poco decorose per un ministro della Repubblica». Uno sfogo di Antonio Borghesi, vice capogruppo dell'Italia dei Valori alla Camera che, subito dopo, tradisce il vero significato della sua nota: «Anziché‚ boicottare i prodotti francesi, Bossi e la Lega dovrebbero boicottare le scelte di un presidente del Consiglio cui si è ormai sottomessa, per porre fine ad una vicenda che segna un degrado inaudito dei valori». E così anche il boicottaggio diventa un'arma per attaccare il Cav.

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