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L'incubo di Sarkò ora è Marine

Il presidente francese Nicolas Sarkozy

Fini dimentica il suo paese

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È uno spettro paradossalmente seducente, dai lunghi capelli biondi e dagli occhi azzurri, che sta facendo perdere la bussola a Nicolas Sarkozy. Si chiama Marine Le Pen, leader del Front National ereditato da suo padre, il vecchio Jean-Marie. La nuova signora della politica francese sembra aver sopravanzato l'inquilino dell'Eliseo nei sondaggi in previsione delle presidenziali dell'anno prossimo. Lui, il marito di Carlà, corre ai ripari come può. Bombardando Tripoli, per esempio. O, immaginando più redditizi risultati, respingendo i tunisini provenienti dall'Italia in aperto spregio, ai trattati comunitari ed ad una legge italiana, recepita anche dalla Francia in quanto membro dell'Ue, che in un articolo prescrive che tutti coloro provenienti da un Paese dell'area di Schengen, come il nostro, devono essere accolti. A Sarkozy questa norma non gliel'ha tenuta nascosta nessuno. E, infatti, lui la conosce bene solo che fa finta di ignorarla per non attirarsi i fulmini dei suoi connazionali che vedono gli immigrati dal Nord Africa come il fumo negli occhi e sembrano disposti a voltargli le spalle proprio in favore della Le Pen. Comprendiamo le tensioni francesi, ma chi ha stabilito che dobbiamo essere noi a farcene carico? I tunisini, che per cultura e tradizione, si sentono più vicini a Parigi che a Roma, hanno tutto il diritto, dopo la permanenza temporanea sul territorio italiano che il governo avrebbe fatto meglio a garantirgli fin da subito, cioè dopo le prime ondate, di raggiungere la Francia dove i più sono attesi dai loro familiari. Pertanto che Sarkozy faccia tanto lo schizzinoso adesso, fino a dare l'ordine ai prefetti di impedire ai maghrebini di varcare i confini è a dir poco indecente. Sia sotto il profilo giuridico-politico che sotto quello umanitario. Già le mire egemoniche sarkozyane nel Mediterraneo risultano indigeste, al pari dello shopping che il presidente vorrebbe fare un po' ovunque purché ai danni soprattutto dell'Italia (petrolio libico, Parmalat, ecc.). Rifiutarsi però di accettare le regole imposte dall'Unione è quantomeno scandaloso e sarebbe bene che la Commissione europea intervenisse per calmare i bollenti spiriti di un post-gollista a cui l'insuccesso sembra avergli dato alla testa al punto di ricorrere ad espedienti che mettono a repentaglio i rapporti di buon vicinato con una nazione tradizionalmente più che amica, oltre che ad innescare la possibile dissoluzione dell'Unione europea che ha bisogno soltanto di un "aiutino" per dichiarare la propria repentina fine. Quanto poi alle motivazioni addotte da Sarkozy per giustificare il suo gretto atteggiamento, non fanno davvero onore alla sua intelligenza politica. Si è permesso di dire che la Francia ha già troppi immigrati per poterne accoglierne altri, trascurando il piccolo particolare che quei cittadini francesi dalla pigmentazione scura sono nella stragrande maggioranza il lascito del colonialismo della Republique, un vizio che non s'è perso da quelle parti come si evince dall'impegno che l'Eliseo profonde in questi giorni in Costa d'Avorio. Sarà colpa del mal d'Africa. Ma allora, perché poche migliaia di tunisini, che parlano un francese fluente, dovrebbero restare fuori dalla porta di casa, a Ventimiglia magari? Non è elegante, anche considerando la circostanza che solo qualche mese fra la signora Alliot-Marie, al tempo ministro degli Esteri di Sarkozy, soggiornava, ospite di Ben Ali, sulle soleggiate spiagge della Tunisia. Ma quella è un'altra storia che, per quanto recente, il presidente ha rimosso in fretta. L'incubo Le Pen è più ossessivo e vorrebbe che tutta l'Europa lo condividesse con lui.

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