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Il sogno di un domani migliore si infrange sulle onde del Mediterraneo in tempesta

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L'esododei tunisini da un Paese che sta attraversando una drammatica crisi economica comincia a esigere il suo tributo di morte. Dodici giovani vite, se non di più, sono state consegnate ai fondi marini lunedì quando una ventina di ragazzi partiti da Sfax su una piccola barca hanno fatto naufragio all'altezza delle isole Kerkennah, nel golfo di Gabes. Due sono stati salvati dalla guardia costiera tunisina quando si stavano abbandonando ai flutti. Altri sono affogati, stremati dalla fatica. La notizia è stata resa nota ieri, mentre emergevano i primi dubbi sul naufragio di altri nordafricani nel Canale di Sicilia. I ragazzi sulla barchetta di legno avevano pagato il prezzo del loro viaggio ai «passeur», sono partiti da soli e hanno puntato la prua verso il mare aperto. Volevano raggiungere Lampedusa. Dopo un po' il guscio di noce ha cominciato a imbarcare acqua, ma loro non hanno pensato o voluto chiedere aiuto con i telefonini che sicuramente avevano in tasca. Poi la barchetta si è capovolta e sono finiti in mare. Almeno dodici non ce l'hanno fatta. Due sono stati avvistati e soccorsi dai connazionali. Proprio cercando i superstiti, i marinai tunisini hanno individuato nella stessa zona 300 immigrati, partiti dalla Libia e diretti sempre in Italia, con il motore del barcone fermo e l'acqua che già iniziava a invaderlo. Gli stranieri, somali bengalesi, pakistani, marocchini, ivoriani, gabonesi, liberiali e malesi e tra i quali c'erano 34 donne e quattro bambini, sono stati trasferiti nel campo profughi dell'Unhcr a Ras Jdir. Nel corso della stessa operazione sono stati recuperati tredici corpi senza vita, quasi certamente alcuni erano dei «ragazzi di Sfax». Si indaga, infine, sull'affondamento denunciato mercoledì da un gruppo di migranti al largo di Lampedusa, che avrebbe fatto undici vittime. Il comandante della capitaneria di porto dell'isola, Antonio Morana, ha escluso che il fatto sia avvenuto in acque italiane. A Lampedusa, intanto, continuano i trasferimenti. Dopo aver raggiunto quota 6300, ieri i migranti sull'isola sono scesi a 3730. Molti erano stati costretti a dormire sotto il cielo e ad arrangiarsi per il cibo. Così hanno organizzato un blocco nella via principale. Obiettivo: accelerare i tempi dei trasferimenti. Il blocco, durato pochi minuti, è stato fatto sciogliere dalla polizia. In serata, alcuni di loro hanno occupato i magazzini della Capitaneria per trascorrervi la notte. All'alba erano partiti in 1716 sulla nave Excelsior, verso le 11 in 600 sono salpati a bordo del Catania e 200 sono stati portati via con due ponti-aerei. Una parte dei tunisini accampati sulla cosidetta «collina del disonore», la piccola altura sopra il porto vecchio, sono stati ospitati nel centro di contrada Imbriacola. L'ultima partenza, quella della nave T-Link che doveva caricare 500 persone, è stata annullata per il mare grosso. Mentre in Italia scoppia la polemica sulle tendopoli che dovrebbero accoglierli, il timore dei nordafricani è invece di essere rispediti in patria: «Vogliamo andare in Francia, non tornare in Tunisia - spiegano - perché lì ci arresteranno e ci tortureranno».

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