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Pm senza prove nel processo Mills

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L'avvovato e deputato Niccolò Ghedini e il senatore Mario Mantovani

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Berlusconi non c'era. Ma nell'udienza di ieri a Milano sul processo Mills il pallottoliere tra accusa e difesa ha segnato un punto a suo favore: la consulente della Procura di Milano, a una domanda degli avvocati difensori del premier, ha ammesso di non aver trovato traccia evidente del passaggio di soldi da Berlusconi all'avvocato inglese. Un'affermazione che per Niccolò Ghedini e Pietro Longo segna una svolta nel processo perché senza quella prova non esiste neppure il reato di corruzione. La domanda della difesa arriva dopo un paio d'ore di «interrogatorio» a Gabriella Chersicla, la consulente dei pm meneghini: «C'è evidenza contabile di un passaggio di denaro attraverso bonifico, in contanti o in altro modo da Carlo Bernasconi? (manager Fininvest deceduto nel 2001). «No» è la riposta. Poi però Gabriella Chersicla aggiunge che «di molte somme non è stato possibile individuare la provenienza, c'è molta confusione». A Piero Longo però la risposta basta e avanza. E poco dopo, alla fine dell'udienza, ai giornalisti spiega: «Carlo Bernasconi secondo il capo di imputazione sarebbe stato il tramite per il pagamento dei 600mila dollari da Silvio Berlusconi a Mills. Ecco, la consulente nega di aver trovato tracce». Una conclusione che però accende lo scontro fra il pm e gli avvocati del premier. Per Fabio De Pasquale, pubblico ministero del processo, «la Cassazione ha deciso che Mills è stato corrotto, il fatto storico è accertato». Ma Piero Longo non è d'accordo: «La Cassazione ha annullato le sentenza di condanna di Mills in primo e secondo grado dichiarando la prescrizione perché non c'era la prova evidente dell'innocenza dell'imputato. Ma non è possibile alcuna interpretazione estensiva che riguardi il processo che stiamo facendo adesso». Ma accusa e difesa si sono punzecchiati per tutta l'udienza, coinvolgendo anche il presidente del Tribunale. «Non c'è scritto mica nel codice che Berlusconi si può processarlo solo il lunedì» è lo sfogo del pm. Ma a frenarlo ci pensa proprio la presidente del collegio Francesca Vitale: «Non è ragionevole andare oltre il lunedì, non si può cambiare strada». Affermazione alla quale il pm replica ancora, dando voce alla sua preoccupazione che i tempi si dilati fino a portare il processo su un binario morto: «Tra meno di un anno scatterà la prescrizione, vanno limitati i temi di prova». Timori che non riguardano i due avvocati Ghedini e Longo che anzi hanno chiesto una quindicina di testimoni in più, compresi quelli non ammessi dal collegio e alcuni citati dalla Cassazione nella sentenza Mills. Il processo intanto riprenderà il 9 maggio. Ma anche se Berlusconi non era presente, ieri a Milano c'erano, per la prima volta a un'udienza, i suoi sostenitori. Un centinaio in tutto, molti dei quali sono riusciti a entrare anche in aula. Tutti con una piccola coccarda azzurra, chi appuntata sul vestito, chi in bella mostra con una molletta tra i capelli. Tutti pronti a «difendere» il premier perché lui, dicono «uscirà a testa alta da tutte queste accuse», e tutti pronti a puntare il dito contro «le cattive madri che non sanno più educare le figlie», assolvendo «chi ha diritto di rilassarsi». Completamente diverso il clima a Torino dove Berlusconi è andato in serata per il primo convegno elettorale a sostegno del candidato sindaco del Pdl Michele Coppola e dove è stato contestato duramente fuori dall'albergo nel quale stava parlando. Dopo il lancio di alcuni petardi e bottiglie da parte dei manifestanti c'è stata anche una carica della polizia. I contestatori sono arretrati urlando «vergogna vergogna» ma negli scontri è rimasto ferito un agente. «Qua fuori hanno gridato "mafioso, mafioso, mafioso" al capo di un governo che in meno di tre anni ha catturato 7 mila presunti mafiosi – è stato il commento di Berlusconi – La scelta dell'insulto è lontana dalla realtà ma devo farmene una ragione, visto che anche nei giorni dell'Unità d'Italia una squadra composta dalle stesse persone mi ha insultato ovunque». Poi ha promesso di intervenire sulla scelta di ridurre i finanziamenti per la cultura: «Abbiamo in programma entro 15 giorni una sessione particolare con tutti i ministri e il ministro dell'Economia per vedere come è possibile ridurre il taglio che è stato fatto alla cultura e consentire a teatri come La Scala di Milano, l'Opera di Roma, il Regio di Torino, il Petruzzelli di Bari e altri teatri di poter continuare questa attività che è importantissima per il Paese».

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