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Yemen, l'esercito si unisce ai ribelli

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Yemen,Bahrein, Siria: le manifestazioni di protesta vanno avanti. E se il segretario generale delle Nazioni Unite (ieri aggredito da alcuni fedelissimi di Muammar Gheddafi in piazza Tahrir al Cairo dove si trovava per un incontro con il Segretario generale della Lega Araba Amr Moussa) ha fatto appello alle leadership di questi Paesi per mettere fine alle violenze e avviare un dialogo «inclusivo», le rivolte continuano ad infiammare le piazze. Nello Yemen capi tribù, ambasciatori, alti funzionari e soprattutto decine di ufficiali dell'esercito, tra cui alcuni importanti generali, hanno abbandonato nel pieno della tempesta la nave del presidente Ali Abdullah Saleh, che però non molla («resisto») e minimizza, sostenendo che «la grande maggioranza del popolo» è con lui. Dopo la carneficina di manifestanti compiuta dai cecchini del regime venerdì scorso a Sanaa (almeno 52 morti e oltre 200 feriti), ieri è stato il giorno delle defezioni. A catena. Il segnale lo hanno dato per primi gli ambasciatori: sono almeno 20 i diplomatici che si sarebbero già dimessi o avrebbero dichiarato il proprio sostegno alla protesta contro il regime. Poi è stata la volta delle tribù, spina dorsale del potere nello Yemen, solitamente divise e bellicose ma questa volta apparentemente unite. Ma il colpo più duro per il presidente dello Yemen è giunto dai militari: il generale Ali Mohsen al-Ahmar, comandante dell'esercito nell'Est del Paese, ha annunciato pubblicamente il suo sostegno «ai giovani che protestano a Piazza dell'Università a Sanaa». A stretto giro, ha seguito il suo esempio il generale Ali Mohsen Saleh, responsabile per il settore Nord-Ovest, secondo cui il Paese è ormai sull'orlo di una guerra civile. Fonti militari hanno poi fatto sapere che sono 60 gli ufficiali, tra cui altri tre generali, che si sono uniti ai ribelli. Il regime ha reagito riunendo il Consiglio nazionale di difesa che ha poi diffuso un comunicato affermando che «le forze armate non esiteranno a compiere il loro dovere». In Bahrein intanto le proteste della maggioranza sciita contro la Casa reale sunnita continuano. Dopo l'Arabia Saudita, sono stati gli Emirati arabi uniti a inviare forze della Marina militare per contenere, assieme ai paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo, la rabbia dei dimostranti, mentre il Qatar ha promesso di intervenire. Anche in Siria la situazione si complica: le proteste anti-regime si allargano anche ad altre località, nel sud e in un sobborgo a nord di Damasco, mentre la situazione a Daraa, teatro negli ultimi giorni di violenze tra manifestanti e forze di sicurezza, rimane tesa. Na. Pie.

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