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Finale in bellezza col Nabucco e l'Inno

Napolitano, Schifani, Berlusconi e il cardinal vicario Vallini al teatro dell'Opera per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia

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È finito in gloria l'interminabile 17 marzo. Tra gli stucchi del Teatro dell'Opera, con il presidente Napolitano a battere ancora le mani - dopo 24 ore di cerimonie - a Verdi, al «Nabucco», a Muti, all'Italia. È finito col rito dei saluti e dei sorrisi, le battute di circostanza, le occhiate, qualcuna in tralice, tra i vertici istituzionali, politici, culturali, economici del Bel Paese. Serata di gala eppure senza neanche uno smoking. Ci sono tutti gli ambasciatori, non si può imporre il farfallino. E allora via, qualche signore s'infila nel foyer in trench, qualcuno addirittura con la giacca a vento stile omino Michelin. Le signore preferiscono non azzardare e optano in massa per il nero corto. La passerella comincia verso le venti. Mai visto tanto spreco di auto blu in piazza Beniamino Gigli. La facciata dell'Opera è illuminata tricolore, sul piazzale un pannello reca il giuramento di Mazzini alla Giovine Italia, anno 1831. Illuminata idea, però non ce n'è uno, di vip, che si fermi dieci secondi a ripassare la storia. I paparazzi aspettano sotto il portico, meglio regalare un sorriso a loro. Allampanato Giovanni Allevi è bombardato dai flashes. E comincia la danza: Draghi e lady in boa nero, Schifani accompagnato dalla bionda consorte, la Santanchè in chignon. Gianni e Isabella Alemanno fanno gli onori di casa e aspettano gli ospiti sulla guida rossa. Tra gli ultimi arriva il premier. La gente dietro le transenne lo fischia. È scuro in volto quando i fotografi lo chiamano, mette in tasca la coccardina tricolore che gli offrono all'ingresso ma sentenzia che «è stata una magnifica giornata». Poi sorride alle signore, si complimenta con Clio Napolitano in oro e argento e la first lady si schermisce sollevando il sopracciglio. Nel palco reale si sistemano il Capo dello Stato, il premier, Schifani, i cardinali Vallini e Bagnasco. Fini ha dato forfait, al suo posto il vicepresidente della Camera Leone. Muti, in doppiopetto e cravatta a pois bianchi e neri, sale sul podio. Attacca «Fratelli d'Italia», e l'inno non è mai sembrato tanto vigoroso. Poi l'ouverture di «Nabucco» col tema dolente di «Va' pensiero». Verdi è Verdi, viva l'Italia.  

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