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La sMaronata

Da sinistra Roberto Maroni e Walter Veltroni

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Maroni gendarme del Mediterraneo. Il ministro dell'Interno parla al popolo leghista e avvisa gli Stati Uniti. «Vorremmo evitare che la Libia diventi davvero un nuovo Afghanistan, ma gli americani farebbero bene a darsi una calmata. Noi siamo qui, l'Europa è qui, è meglio dunque che ce ne occupiamo noi». Dal palco della festa della Lega Nord a Bergamo, Maroni ha ricordato che «fino a qualche settimana fa in Europa dicevano che stavamo esagerando, ma anche gli Usa adesso dicono le nostre stesse cose». Il timore del responsabile del Viminale è «l'invasione di massa» di immigrati africani ora arginati da Gheddafi. In quella massa di derelitti si possono infilitrare i combattenti di Bin Laden e allora sarà difficile bloccarli. La Libia non è l'Afghanistan, è vicina: poche miglia, un giorno di navigazione. Così ora tutto l'Occidente che ha plaudito alle «rivoluzioni dei gelsomini» teme la deriva jihadista. Ma i giovani ribelli del Nord Africa non hanno spsosato la jihad. Vogliono libertà, pane e diritti. Non la sharia. Il ministro leghista dovrebbe sapere che proprio Muammar Gheddafi ha dato via libera agli uomini di Al Qaeda. Oltre cento combattenti del Gruppo combattente libico, Lifg, braccio tripolino di Al Qaeda, sono stati fatti uscire dalle prigioni del raìs il giorno prima dell'annunciata manifestazione del 17 febbraio. Non solo. Secondo Robert Bear, ex agente Cia della sezione Medio Oriente – era a Beirut negli anni '80 – e grande conoscitore del mondo qaedista, Gheddafi avrebbe tentato di far tornare in Libia molti esponenti di primo piano dell'organizzazione di Bin Laden che ora sono in Afghanistan e Pakistan. Ai vertici di Al Qaeda ci sono almeno tre libici, Abu al Laith al Liby, Atiyyat Allah Al-Liby e Abu Yahya al Liby che sono rispettivamente il capo militare di Al Qaeda, l'ideologo e il responsabile operazioni militari in Afghanistan. Ma nessuno di loro potrebbe allearsi con Gheddafi. Il leader libico fu il primo nel 1996, dopo aver subìto un attentato, a chiedere il mandato di cattura internazionale per Osama Bin Laden. La dura repressione degli esponenti qaedisti, fatta di torture e condanne a morte, non favorisce certo il dialogo. A negoziare per il regime di Gheddafi un'alleanza con Al Qaeda c'è Noman Benotman ex capo del gruppo islamico libico, ora pentito, più volte a colloquio con Bin Laden, arrestato a Londra e poi estradato in Libia nel 2007. L'allarme di Roberto Maroni poggia su alcuni segnali di effervescenza jihadista in Africa. In particolare, Al Qaeda nel Maghreb islamico, che in tempi recenti ha mostrato di essere la filiale più pericolosa dell'universo terrorista che fa riferimento a Osama Bin Laden. «Non penso che i terroristi restino inerti. Cercheranno invece di sfruttare ciò che accade e guadagnare terreno», ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Daniel Benjamin. Al Qaeda nel Maghreb islamico si è resa responsabile, il mese scorso, del rapimento dell'italiana Sandra Mariani ed ha basi in Algeria, Mauritania e Mali. A febbraio tentò di uccidere il presidente della Mauritania, Ould Abdel Aziz. Atiyyat Allah Al-Libi, ideologo di Al Qaeda di origine libica, il 24 febbraio ha diffuso un messaggio su Al-Fajr nel quale inviata i coambattenti in Africa e nella Penisola arabica a «convergere nel Sinai» a «portare armi» per sostenere le rivolte e contribuire ad abbattere i regimi «apostati e filo occidentali». L'altro aspetto preoccupante è il fatto che Al Qaeda, nel rifugio dell'Af-Pak, può contare su appena duecento mujaheddin in gran parte uzbeki. Molti sono arabi e sono tornati in Europa da doev molti sono partiti negli anni '90. Infatti, stando ai servizi segreti tedeschi e francesi, sono almeno un centinaio i personaggi legati ad Al Qaeda presenti in Europa. Gente pericolosa, addestrata alla guerriglia e preparata a diventare shahid, martiri. Marocchini, tunisini ed egiziani integrati nella società civile che conducono una vita normale alla luce del giorno, ma coltivano l'ideologia della Guerra Santa. Come i sei marocchini legati al movimento fondamentalista islamico Adl Wal Ihsane (Giustizia e Carità) arrestati dalla polizia di Stato a Brescia appena una settimana fa. Un gruppo che aveva tra i propri obiettivi l'incitamento alla discriminazione e all'odio razziale e religioso, alla violenza e al jihad nei confronti dei cristiani e degli ebrei. I terroristi sono già tra noi. Maroni dovrebbe saperlo.

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