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segue dalla prima di FABRIZIO DELL'OREFICE Insomma, la conferenza stampa di ieri a palazzo Chigi con due soli protagonisti, Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, segna un passaggio forse decisivo di questa fase politica.

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Maserve a sancire un Cavaliere che torna a riprendere saldamente in mano il timone dell'azione di politica economica. Non solo. Ma ad imporre a Tremonti a parlare di «crescita economica», un tema che il titolare del dicastero XX settembre aveva sempre eluso quasi si trattasse di un tabù. Allo stesso tempo, il buon Giulio sale un ulteriore gradino visto che l'esecutivo, mai come in busto momento, è il governo Berlusconi-Tremonti. Procediamo con ordine. Il premier sembra astrarsi dal processo che sta per partire a Milano in cui sarà imputato per concussione e prostituzione minorile. Ne parla ormai come se coinvolta fosse un'altra persona: «Sono sereno. E poi questo processo deve ancora cominciare. Quando saranno finiti i tre gradi di giudizio me ne occuperò». E ancora: «Non siamo nel '94, quando un governo poteva cadere per un avviso di garanzia». Dunque, avanti così. Dritti sparati. Il resto sono solo «distrazioni». Il premier insiste sfogandosi con i suoi fedelissimi: «Vogliono farmi passare il tempo a inseguire i magistrati così non mi occupo del governo del Paese. E alla fine mi potranno dire che non ho combinato nulla». È martedì sera quando Berlusconi decide che la prevista conferenza stampa di Tremonti sulla moratoria a favore delle piccole e medie imprese si terrà a palazzo Chigi. Anche simbolicamente la presidenza del Consiglio riprende centralità comunicativa. Spiega un berlusconiano della prima ora che ha collaborato all'organizzazione della conferenza stampa: «Silvio deve occuparsi delle questioni generali, Giulio entrare nello specifico. In questo momento il primo ha bisogno del secondo e quest'ultimo non può fare a meno del primo. Berlusconi è in crisi di credibilità internazionale. Basta guardare la copertina del Financial Times per rendersene conto. Tremonti invece è al top e dunque può aiutare il premier a venirne fuori. Allo stesso tempo il suo essere seduto a fianco del capo del governo è rassicurante nei confronti della Lega. Tutto sommato anche nei riguardi del Quirinale». L'improvviso feeling ritrovato getta alla Camera nel panico un pezzo del Pdl. Si diffonde, quando la conferenza stampa è ancora in corso, la voce che il presidente del Consiglio stia per annunciare la nomina di Tremonti a vicepremier. C'è persino chi minaccia di passare al gruppo misto. Dice un deputato antitremontiano doc: «La verità è che negli ultimi dieci giorni tutti hanno difeso Berlusconi, tranne un ministro. Che oggi ha dovuto dimostrare apertamente che non si può defilare». Sarà, ma dietro la scrivania bianca della saletta stampa quei due cinguettavano. Si chiamavano per nome: «Silvio», «Dimmi Giulio». Forse è eccessivo parlare di un passaggio di testimone, ma si gettano le fondamenta per la "soluzione politica" per uscire dal guado. L'asse torna forte ma ciò non vuol dire che la situazione sia meno precaria dopo ieri mattina. L'atmosfera che si respira non è della massima tranquillità. Si naviga a vista. Anche se davanti ai microfoni il Cav si attiene scrupolosamente al compitino di bravo capo dell'esecutivo. Dribbla anche le domande trabocchetto dei giornalisti e afferma: «Non sono per niente preoccupato». Si mostra anche certo sul Carroccio: «Bossi e tutto lo stato maggiore della Lega hanno passato tutta la sera (quella di martedì, ndr) con me, dichiarando la loro vicinanza e la loro volontà di continuare con questo governo: siamo quanto mai coesi e decisi a continuare la legislatura fino al suo termine naturale». Non solo, ma Berlusconi continua a ribadire che la maggioranza si allargherà. Umberto Bossi gli risponde mentre entra nel ristorante di Montecitorio con una frase che sembra lapalissiana: «Se il governo ha i numeri si va avanti. Se non ci fossero, allora cade da solo». Ma lapalissiana non è: concede ancora qualche tempo a Berlusconi, se non ci saranno novità positive consistenti si terrà le mani libere. A palazzo Chigi Silvio va avanti. A un cronista che lo provoca chiedendogli se gli attacchi della stampa estera possono frenare la corsa di Mario Draghi al vertice della Banca centrale europea, il Cav si alza e, andando via, dice ridendo: «Lei non è compos sui... Ed ora se lo faccia tradurre...». La traduzione dal latino è semplice: «Lei non ha il controllo di sè». Il caso Ruby dunque non c'entra nulla con la scalata alla Bce. Tanto è vero che a condurre le trattative è soprattutto Tremonti. Che si sta portando avanti con il lavoro. Sempre più spesso porta con sè al Quirinale il ragioniere generale dello Stato, Vittorio Grilli. Il quale si sta accreditando per fare il prossimo governatore della Banca d'Italia.

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