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Futuro e Libertà si sgretola Il Pdl guadagna due deputati

La Camera dei deputati durante la votazione della manovra finanziaria

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I finiani sono allo sbando. Dopo l'Assemblea costituente di Fli a Milano si è aperta una vera e propria crisi all'interno del partito. Sembrava che l'abbandono dell'altro giorno del senatore Giuseppe Menardi fosse la punta dell'iceberg del malcontento dei futuristi, e invece era solo l'inizio. E così dopo Menardi anche il collega Francesco Pontone e il deputato Roberto Rosso hanno fatto i bagagli e sono rientrati nel Pdl. Due uomini con un percorso politico diverso ma accumunati dalla delusione per la deriva antiberlusconiana del partito. L'ex forzista Rosso, uno degli ultimi ad entrare in Fli, ha maturato la decisione nel pomeriggio dopo aver avuto un incontro con Berlusconi e il coordinatore Denis Verdini, incaricato proprio dal premier di allargare la maggioranza a Montecitorio fino a raggiungere quota 325 deputati. È invece l'abbandono di Pontone a creare i maggiori dispiaceri a Fini che ora, non solo deve fare i conti con il dissolversi del suo gruppo al Senato (il numero minimo per costituire un gruppo è di dieci senatori) ma è costretto a subire l'addio dello storico tesoriere di An. La formalizzazione del passaggio al Pdl ancora non ci sarebbe stata e alcuni leggono in questo l'ultimo gesto di «signorilità» del senatore napoletano nei confronti del suo «quasi» ex capogruppo Pasquale Viespoli che avrebbe invitato tutti i futuristi a «evitare illazioni, congetture ed insinuazioni partito» prima delle riunione prevista per martedì prossimo. Numeri quindi sempre più in movimento in Parlamento, dove di ora in ora si aggiorna la contabilità di chi esce da un partito appena nato come Fli, ed entra o nel Pdl o nel gruppo dei Responsabili. Una sorta di partita doppia che influisce sugli equilibri numerici della maggioranza e delle opposizioni che da ieri hanno perso un altro deputato: Paolo Guzzanti che ha aderito, per l'appunto, al gruppo di «Iniziativa responsabile» che si è posto l'obbiettivo di allargare la maggioranza. Un progetto che, secondo indiscrezioni, prevederebbe il corteggiamento anche dei Liberaldemocratici che, però, per ora restano sulle loro: «Non vedo nessun motivo per cambiare la nostra posizione», spiega il leader Italo Tanoni. Posizione simile tunuta anche dall'ex Pdl Enrico Musso, ora nel gruppo misto, che dichiara: «Sono un liberale in cerca di collocazione. Quindi resto immobile». A fronte di alcuni rifiuti, però, sembra che stia prendendo sempre più consistenza quella che qualcuno ha già ribatezzato la «quarta gamba» della maggioranza. In particolare il nuovo gruppo «Forza del Sud» che Gianfranco Miccichè sta costruendo per puntellare il governo anche sulla «sponda meridionalista» presto raggiungerà i numeri necessari per ufficializzare la sua nascita al Senato. E sempre a Palazzo Madama la senatrice Svp Helga Thaler ha annunciato la nascita di una nuova compagine «Per le Autonomie» della quale potrebbero far parte i tre Svp, ma anche Giulio Andreotti, la Poli Bortone (Io Sud), Fosson (Union Valdotaine), Castiglione (Pid) e Massidda (Pdl), Fantetti (Pdl) e Villari (Misto). Ma per ora nulla è deciso: lo stesso collega Svp Oskar Peterlini si è infatti tirato indietro. La disfatta di Fli sembra però non si sia ancora conclusa. Infatti se Luca Barbareschi è ormai dato per certo nel gruppo dei Responsabili, altri esponenti di Fli, da Luca Bellotti (che poi ha smentito) a Carmine Patarino fino a Andrea Ronchi e Adolfo Urso, sono in sofferenza. Ieri intanto c'è stato un incontro tra Italo Bocchino (oggi terrà la prima segreteria) e Adolfo Urso. Un estremo e, a quanto sembra, infruttuoso tentativo di mediazione sul quale Urso non vuole dire nulla ma che sottolinea come all'ex viceministro stia sempre più stretto il partito. Oltre lo smottamento del gruppo senatoriale, oltre le defezioni della Camera a tutto vantaggio dei «responsabili» di Silvano Moffa, Fli vede a rischio anche l'adesione dei fedelissimi europarlamentari. Ed è proprio Potito Salatto che ha scritto a Fini un'accorata lettera personale con l'appello a riprendere in mano la situazione, a non sbilanciare il partito verso il gruppo Bocchino-Granata e a non sacrificare le istanze politiche delle cosiddette «colombe», alle quali, di fatto, con questo gesto Salatto si associa. E intanto il Cav si frega le mani: la maggioranza è già a quota 318 deputati.

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