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Non era fascista Oggi è sfascista

Gianfranco Fini

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Gianfranco Fini aveva molti modi per costruire un centrodestra alternativo a Berlusconi. Ha scelto quello peggiore. E oggi il risultato è sotto gli occhi di tutti. Il suo progetto politico è un pasticcio clamoroso, sotto il profilo culturale e organizzativo. Un congresso fondativo si è trasformato in affondativo, il suo partito in Parlamento perde i pezzi, il gruppo al Senato non esiste più e il suo appeal nei confronti del mondo liberale, conservatore, di destra, è pari a zero. La verità che non vogliono vedere i pelosi corteggiatori di Fini è che Futuro e Libertà non attrae l'elettore conservatore, ma lo respinge. L'avventura politica dei finiani si è consumata sotto il segno del tradimento e per questo chi ha votato Berlusconi ieri e oggi non sceglierà mai i futuristi immaginari. Per quel popolo, i finiani e il loro leader sono unfit, inadatti a rappresentare le ragioni, i desideri e le aspirazioni di quella «forza tranquilla» che non riempie le piazze, non urla, ma osserva e decide nel silenzio delle urne chi deve governare. È la maggioranza silenziosa che determina le sorti dell'Italia. Fini con quel pezzo del Paese ha chiuso. Per sempre. Fini è in stato confusionale e la sua reazione al ritorno di alcuni senatori nel Pdl è disastrosa. Il presidente della Camera che solleva il «potere finanziario del premier» per giustificare il ritorno dei suoi senatori al Pdl è incredibile. Le parole di Fini sono gravi, perché per l'ennesima volta ha tradito il suo mandato di garante di Montecitorio e ignorato gli inviti del presidente della Repubblica ad abbassare i toni e ritrovare la via della politica. Sì, Fini non è mai stato fascista, ma di certo è uno sfascista.

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