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Indignarsi? Perché dico no

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Ruby

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Indignarmi? E perché mai? Per difendere la mia dignità di donna? Io non mi sento affatto offesa dal comportamento di un gruppo di sciacquette, veline, escort e «olgettine». Io non mi sento offesa perché non sono coinvolta né è coinvolta mia figlia, né mia sorella, né le mie amiche... Io credo che ogni donna ha le sue responsabilità, che le persone ci trattano come ci lasciamo trattare, a casa o in fabbrica, in ufficio o all'università, io credo che ogni donna sa cosa fare ed è per questo che la mia dignità non è in discussione e perciò domani non scendo in piazza, non parteciperò a cortei né letture di poesie in una delle cento città italiane dove si stanno organizzando le «indignate». La mia dignità l'ho conquistata giorno dopo giorno, senza moralismi, convinta che prima lo studio e poi il lavoro fossero l'unica strada per essere libera, costruirmi un'identità forte e indipendente, scegliendo e decidendo da sola senza mai farmi strumentalizzare. E di manifestazioni ne ho fatta qualcuna anch'io, ma per noi donne, tutte insieme, tutte uguali e tutte diverse, «né puttane né madonne solo donne», mai contro qualcuno tanto meno un presidente del Consiglio, democraticamente eletto dalla maggioranza degli italiani. Proprio il femminismo ci ha insegnato a non strumentalizzare l'universo femminile mentre domani le ragazze di Arcore vengono usate, quasi in una gigantesca piazza Tahrir per mandare via il faraone-Berlusconi. «Se non ora quando», il titolo della protesta, porta firme eccellenti e pure trasversali nonché très chic: Giulia Bongiorno, Susanna Camusso, Claudia Mori, Gae Aulenti, Rosellina Archinto, Dacia Maraini, Margherita Buy, Isabella Ferrari, Lunetta Savino, Francesca e Cristina Comencini e perfino una suora, Suor Eugenia Bonetti. Non capisco, però, perché scomodare i partigiani ebrei di Primo Levi per lo slogan di piazza contro il velinismo, e, francamente, mi pare pure sproporzionato. Le promotrici, arrabbiate e neo puritane quanto basta in quest'Italia che «non è un paese per donne», precisano che «a motivarci non è un giudizio morale su altre donne, ma il desiderio di prendere parola pubblica per dire la nostra forza». Ma perché proprio ora? Serviva il Rubygate per rimettere insieme le donne e riportarle in piazza? Ora perché fino a ieri le Pretty woman erano sopportabili perché avevano la faccia di julia Roberts e oggi invece hanno superato «la soglia della decenza»? Poi, scusate, ma fino a ieri chi ci aveva tolto la parola o ci aveva impedito di dire con forza cosa non ci va? Chi ci ha mai impedito di fare politica e contrastare sullo stesso livello i politici uomini, se non noi stesse che siamo le prime a non dare il voto a una donna? Non sono moralista, non sono indignata e non mi contrappongo alle donne che con il loro comportamento dovrebbero suscitare indignazione e la mia femminilità posso affermarla senza sbandierarla, posso vincere le mie sfide quotidiane senza gridare. È vero, siamo di fronte a vicende e comportamenti stigmatizzabili ma per la verità trovo anche un po' «razzista» l'invito delle indignate al «risveglio» delle donne tutte lavoro-casa-famiglia verso le ragazze escort, che vanno a letto col capo o col politico di turno, moralità contro superficialità, cervello contro cosce, anima contro sesso... Ecco semmai dovremmo essere a fianco di quelle ragazze che pure hanno scelto autonomamente di fare soldi e trovare popolarità mercificando il proprio corpo, che sfruttano quella bellezza dell'asino che tutte abbiamo avuto con la differenza che avevamo anche padri e madri che forse non ci hanno coccolate, ma ci hanno amate profondamente senza tante parole, non ci hanno mai detto che eravamo «sedute su una fortuna» e non ci hanno mai considerato una «merce» da far fruttare piazzandola con un buon partito. Comunque, per dirla sinceramente, dal mondo Bunga Bunga, non sono le donne sfruttatrici a fare una «porca figura», ma è l'immagine maschile ad uscirne devastata. Le ragazzine affamate di palcoscenico, borse Prada e gioielli Tiffany, fanno rabbia ma a far pena sono gli uomini, quelli che non chiedono mai ma comprano tutto, che, in nome di una mai poco chiara «questione maschile», soltanto con regaloni e assegni a tre zeri possono avere notti di sesso sfrenato e gentili attenzioni. Al maschio italiano la dignità della donna interessa poco, ma tanto meno la propria, quella di don giovanni-macho-seduttore, e se non si vergognano loro, gli «sfruttati», perché dovrebbero vergognarsi le escort, le «sfruttatrici» e men che meno indignarmi io? Forse anche questi uomini non hanno avuto una mamma che li ha educati, che ha spiegato loro come conquistare una donna, come parlarle guardandola negli occhi, come farla sentire una regina e come non poterne fare a meno... Domani da Milano le indignate, le donne perbene novelle savonarola portatrici di un rinnovato «comune senso del pudore» saranno tante, sicuramente, (solo su Facebook in una settimana sono state raccolte 51.000 firme), ma moltissime di più, quelle che non sono ipocrite né si lasciano strumentalizzare, che resteranno a casa con i figli, o andranno a passeggio con i fidanzati o lavoreranno come se fosse un giorno feriale... Sono diverse? Non sono moraliste né puritane? Forse sono soltanto donne convinte che le brave ragazze vanno in Paradiso ma le cattive sono dappertutto.  

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