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«Resto alla Provincia ma al Paese serve uno scatto d'orgoglio»

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Negarel'identità di un Paese non aiuta la competitività. Noi avremo bisogno di ricorrere all'orgoglio di questo paese, di unirci per sentirci forti, per affrontare insieme le sfide». Sintetico, determinato, così è apparso ieri a Maria Latella che lo ha intervistato a SkyTv il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti. Con un occhio all'internazionalizzazione dei mercati: «Dovremo spingere per insegnare nelle scuole l'inglese o il cinese e stiamo discutendo di riproporre i dialetti nelle scuole del Nord», mentre critica il governo, reo di «non fare nulla in materia di politiche industriali» e di immobilismo nello stimolare la competitività del sistema. In un contesto politico «kafkiano» di alta litigiosità e di scontro, il presidente Napolitano diventa una figura statuaria, «che non decide sulla base di convenienze ma per il bene comune del Paese». Se loda l'inquilino del Quirinale, Zingaretti frena sul suo ruolo: «Si dice, Zingaretti è in panchina. Ma io sono in campo, in campissimo. Sono presidente di un ente di 4 milioni di persone, stiamo provando a governare bene, siamo un punto di riferimento importante e mi auguro non solo locale». Calmo, sostiene di non essere tormentato da «quell'assillo della classe dirigente di fare le cose pensando a quello che si farà dopo senza pensare bene a quello che si sta facendo oggi. Noi siamo concentrati a dimostrare che il centrosinistra può governare bene in un'area complessa come quella della Capitale». Distanze ma non troppe riguardo a Fini, di cui ne sottolinea meriti e limiti: «Non credo che abbia cambiato idea su tante cose. Rimane un uomo di destra che non accetta la deriva che una parte della destra italiana ha portato in questo paese».

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