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Il "mutanda pride" conquista l'altra Milano

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Il rischio flop, per Giuliano Ferrara, era davvero alto. Anzi, per i compagni in cachemire che si erano spellati le mani davanti a Saviano al PalaSharp la settimana scorsa, il “mutanda-pride” avrebbe sancito ufficialmente l'italico sdegno nei confronti dell'abbrutimento dei costumi. Non è andata così. Faceva un certo effetto vedere il teatro da 1500 posti riempito come un uovo davanti a quel palco con centocinquanta mutande colorate stese su tre fili da bucato. Ma il vero spettacolo è andato in scena fuori il Dal Verme, a due passi da Piazza Affari, dove si è ritrovata l'"altra Milano" che non è riuscita a entrare in sala e si è dovuta accontentare di sentire gli interventi dai due altoparlanti sistemati in strada. Gente normale, mamme con bambini, tante donne. Gente poco abituata a scendere in piazza, ma che ha voluto rispondere alla «crociata puritana e giacobina» degli Eco, dei Saviano e degli Zagrebelsky. «Lo scriva che siamo qui per salvare il Cavaliere e l'Italia tutta dal golpe morale orchestrato dal partito dei pm militanti», dice un signore con i capelli imbiancati. Un altro ci spiega perché stamattina, col sole, invece che andarsi a fare una passeggiata in montagna è venuto qui ad ascoltare Ferrara: «Perché non se ne può più della sinistra secchiona che chiama popolo bue chi non la pensa come loro, che ci tratta come una massa di ignoranti che non leggono i giornali, che vuole redimerci, convertirci. E guardi che io non vado a votare da vent'anni». Non mancano i personaggi di folklore, come la "sciura" ultrasettantenne che «se avesse l'età» ci andrebbe pure lei ad Arcore perché «il corpo è mio e me lo gestisco io» o l'anti-Santoro arrivato dalla Svizzera con una decina di cartelli contro i puritani della Rai e «Fini, il vile traditore». Non mancano i provocatori, chi passa in bicicletta e urla «l'Egitto è vicino», chi si infila nei capannelli per fare battute su Ruby e bunga bunga. Ma l'unico parapiglia alla fine è stato quello fra il ministro della Difesa Ignazio La Russa e il giornalista di Annozero, Corrado Formigli. La Russa si era fermato al lato del palco a parlare con un capannello di giornalisti quando il cronista si è lamentato che il ministro gli stava pestando i piedi. Ne è nata una discussione e il reporter è stato allontanato. Formigli ha raccontato che aveva fatto due domande «scomode» al ministro, una sulle contraddizioni fra la difesa del «family day» e i party di Arcore, la seconda sul comportamento che Berlusconi dovrebbe tenere se fosse dimostrata la presenza di prostitute minorenni. «Prima ha detto che non voleva rispondere ad Annozero - ha detto Formigli -, dopo ha iniziato a tirarmi calci e a saltarmi sui piedi da dietro. E poi ha chiamato la polizia e mi ha fatto portare via». Diversa la versione di La Russa: «L'ho detto anche prima a quello che mi dava pedate. Non voglio nessuno dietro».

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