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La D'Addario si sente dimenticata: «Hanno preso soldi tutte tranne me»

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Tuttehanno preso soldi tranne me. Ero un'artista, mentre ora ho la vita distrutta». Domenica, ora di pranzo, nella centralissima edicola Sebastiani di Bari frequentata dalla borghesia di destra e di sinistra. Patrizia D'Addario sta rilasciando una intervista a due giornalisti della televisione francese M6. Con misurata inquietudine la Patty delle notti di Palazzo Grazioli insorge, ma non si scompone. Da vera attrice si agita, il cameraman fa fatica a inseguirla mentre si divincola e cerca una via d'uscita nello stretto corridoio tra riviste e quotidiani. I riflettori sulle ultime inchieste giudiziarie della Procura di Milano hanno portato alla ribalta altre bellezze femminili. La barese non ci sta. E reclama l'attenzione dei media, recitando un rosario-copione di lamentazioni per la sua esistenza rovinata, ripetendo il poco credibile refrain della donna sfruttata, che assicura «di non averci guadagnato una lira da tutta questa esposizione sulla stampa». «Signora D'Addario, ci può mostrare la copertina della sua biografia?» domanda il reporter transalpino. Lei, castigata in un "tailleur" nero con una scollatura generosa, ha in mano il libro «Gradisca presidente». E con il pollice sinistro copre la parola escort nel sottotitolo ("Tutta la verità della escort più famosa del mondo"). «Non può farci inquadrare in pieno la copertina?» incalza l'intervistatore senza immaginare la reazione che ne sarebbe seguita. «Ora basta. Basta. Sono due anni - grida e si dimena la D'Addario - che non lavoro. Cosa faccio? Solidarietà, manifestazioni di solidarietà, qualche ospitata...». Alcuni avventori nelle retrovie hanno percezione di assistere a una sceneggiata, qualcuno sorride, tanti tirano dritto. Nessuno crede alla favola di Patrizia e molti sono stufi della fama che avvolge la città per le sue gesta, tra lenzuola e registratori. Poi l'edicolante, allarmato dai possibili e imprevedibili sviluppi della querelle, invita la troupe a far presto e ad andar via. «Altri cinque minuti». La telecamera inquadra le foto del libro, con la didascalia vocale della escort barese. «Qui sono con il mago David Copperfield, questi sono i miei genitori. Lo riconoscete? È Panariello... Eccomi sul palcoscenico del Petruzzelli. Sono una artista...». Patrizia prende la borsa e si incammina verso l'uscita.. Sul marciapiede torna rilassata. E cerca sostegno. «Ricevo tante attestazioni di solidarietà. Soprattutto da altre donne», sibila con occhi infuocati e cerchiati dall'eye-liner nero, mentre con una mano screpolata si aggiusta i capelli. Il suo sito (www.patriziadaddario.net) è aggiornato all'ottobre scorso, le cronache regionali hanno raccontato pochi giorni fa di un suo interrogatorio fiume presso la Questura di Lecce per una misteriosa storia legata ad una presunta violenza sessuale risalente all'agosto scorso. Ma Patrizia non si accontenta, si sente al crepuscolo. Non si dà pace. Reclama un posto in prima fila. E sogna di ritornare nell'agorà di Michele Santoro come pseudo icona femminista. Magari cantando il pezzo cult di Loredana Bertè, «non sono una signora, ma una per cui la guerra non è mai finita».

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