Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Il Cav alla guerra delle libertà

Silvio Berlusconi

  • a
  • a
  • a

A fatica lo tengono con la bocca cucita. Silvio Berlusconi vorrebbe parlare, liberarsi. Gli avvocati lo persuadono ad aspettare gli eventi. Lui non ci sta. Osserva lo stillicidio di notizie che vengono da Roma. Notizie che peraltro già conosce perché il decreto di perquisizione all'ufficio di Giuseppe Spinelli, il ragioniere di casa Berlusconi, l'ha già letto venerdì. Per entrare in quei locali, una pertinenza degli uffici del premier, serve l'autorizzazione dell'apposita giunta della Camera. Per tutto il pomeriggio le agenzie di stampa battono brandelli di intercettazioni, spezzoni di verbali divulgati dai commissari, gli unici che possono leggere le carte. Jole Santelli, vicecapogruppo Pdl e penalista, si rilassa su un divanetto: «Se fossi in lui prenderei un avvocato donna con un passato da femminista come Grazia Volo». Poco distante, a Palazzo Chigi, Gianni Letta è quanto mai preoccupato. Un piccolo vertice si svolge nella sua stanza. Già giovedì dovrebbe andare al Copasir, il comitato di controllo sui servizi segreti, a riferire proprio sulla sicurezza nelle dimore del premier. Berlusconi segue tutto da casa sua ad Arcore. È ancora convinto di volersi presentare nel fine settimana dai pm di Milano che gli hanno spedito l'invito a comparire. Vuole andare, attaccarli, mettere in pratica il «contro-sputtanamento», raccogliere informazioni sulla pm Boccassini. I suoi avvocati gli hanno spiegato che se ci andasse finirebbe con il consentire l'avvio del procedimento per il rito immediato, ai primi di febbraio potrebbe essere rinviato a giudizio e nella peggiore delle ipotesi a metà marzo sarebbe condannato. E dunque i suoi difensori vogliono sollevare il conflitto di competenza, cercare di spostare l'inchiesta al Tribunale dei ministri. Prendere tempo. E per la convocazione del fine settimana si può ancora sfruttare il legittimo impedimento anche se si deve trovare un appuntamento di tutto rispetto, un incontro all'estero. Il premier non vuole dare la sensazione di voler sfuggire ai magistrati. Anzi, li vuole affrontare. Ma come? Non ha deciso che cosa fare. Studia con gli avvocati le varie strategie legali. Parla con i vari addetti alla cassa. E si mostra tranquillo, sereno. Ma non lo è. Continua a ripetere le stesse frasi: «Ecco, vedete? Non c'è nulla di penalmente rilevante. È solo una roba montata. Puntano solo a sputtanarmi, a smontare la mia credibilità. Non si rendono conto del danno che fanno al Paese. È l'Italia che ci rimette». Si arrovella. Sa che per ora i pm non hanno tirato fuori le sue telefonate. Ma non possono che esserci perché Silvio ha parlato spesso a telefono con Nicole Minetti. Pensa e ripensa che cosa le disse. Le chiacchierate con Emilio Fede. È scioccato dai racconti che gli hanno fatto delle perquisizioni alle ragazze. «Ore e ore in quelle case. Le hanno controllate anche corporalmente. Hanno voluto vedere se nascondevano qualcosa nel sedere, nelle parti intime. Ma è giusto che una ragazza, per il solo fatto di essere venuta a casa mia, debba passare tutto ciò? È inconcepibile che il presidente del Consiglio sia stato spiato in quel modo», si sfoga il premier con i suoi avvocati e poi con i fedelissimi (pochi in verità quelli che ha incontrato o visto). Quel fare poliziesco lo sente come il fiato di una carogna sul collo. Lo inquieta e gli vien voglia della «mattata», di un predellino. È ancora convinto di gestire la situazione, di avere i numeri per andare avanti, che i nuovi arrivi comunque ci saranno. È certo che le notizie che stanno uscendo gli creeranno un danno d'immagine, ma non un crollo: ormai gli italiani si sono abituati al fatto che lui va a donne. Non gli perdonano le rifome non fatte, quella della Giustizia e quella Fiscale. Se tutto dovesse precipitare il Cav ha pronto il piano B. Non starà a farsi friggere o bollire. Se la situazione dovesse sfuggire di mano sarà lui stesso a premere sull'acceleratore preparando la rottura sulle libertà civili per poi andare al voto (ieri Fabrizio Cicchitto ha gettato il sasso). Riformone dirompente sulla giustizia con dentro pure una dura limitazione delle intercettazioni. O con lui o contro di lui (e con la Boccassini).

Dai blog