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E la Fiom si fa il suo partito

Luca Cordero di Montezemolo

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{{IMG_SX}}Così lontani eppure così vicini. Da una parte Montezemolo, che nega di voler scendere in campo eppure fa politica. Dall'altra la Fiom capitanata da Maurizio Landini che dopo il referendum a Mirafiori e la guerra a Marchionne punta a ingolfare il Pd nella corsa alle amministrative magari schierando una bella lista civica di tute blu. Nel caso di Montezemolo il tira e molla ormai va avanti da mesi e, ogni volta, dal sito della sua associazione, ItaliaFutura, parte qualche siluro. Ieri i bersagli sono stati due: la Lega e il ministro Tremonti. L'Italia degli «imprenditori, artigiani e commercianti» che mostrano «una capacità di reazione e di iniziativa che va ogni oltre ogni aspettativa», «non riesce più a trovare un riferimento concreto nei partiti e nei leader, usurati, di questa seconda Repubblica». E allora «dobbiamo agire subito», visto che «il momento delle facili promesse, dei proclami ideologici e delle profezie inutili si è da tempo consumato». Così recita l'editoriale pubblicato ieri mattina sul sito della fondazione con il titolo: «Il neostatalismo municipale della Lega (e di Tremonti) e la solitudine di chi lavora e produce». Tremonti, è l'affondo di ItaliaFutura, «nella grande stagnazione della politica italiana ha buon gioco nel dar prova di eclettismo ideologico, flirtando da ultimo con il Berlinguer dell'austerità, piuttosto che rispondere ai cittadini sulle mille promesse mancate». Quanto alla Lega, la fondazione di Montezemolo ricorda che «era nata, sull'onda di un "tea party" ante litteram, come forza di contrapposizione verso il peso del fisco, dello Stato e della sua pletorica burocrazia. Al contrario - sottolinea l'editoriale - si sta rivelando il difensore più tenace delle nuove forme di statalismo etno-territoriale che si diffondono ovunque a livello locale. Tremonti, che va considerato a tutti gli effetti un esponente di punta della Lega, non è riuscito a elaborare una efficace iniziativa a favore dello sviluppo e della competitività del Paese». Unica eccezione il Ministro Maroni che «ha saputo agire con forza, misura e senso dello stato. Soprattutto lui coniuga oggi la concretezza della Lega delle origini e la maturità dell'esperienza di governo». Spazio quindi a «un'Italia che è in marcia nonostante l'immobilismo della politica. Un'Italia che accetta le sfide della globalizzazione e non si nasconde dietro superficiali e velleitarie teorie neoprotezionistiche. Un'Italia che avrebbe bisogno di supporto e di attenzione ma che non ha ricevuto nulla, pur avendo dato e continuando a dare moltissimo». Ci risiamo, insomma. Dopo la bordata di novembre da Fabio Fazio con «il cinepanettone che sta arrivando alla fine anche se abbiamo sempre gli stessi attori», la strategia di Luca si ripete. Nega di volersi sporcare le mani con le beghe di Palazzo ma intanto va a caccia di militanti e sentenzia sul futuro del Paese come un politico. Poi, quando c'è da mettersi in prima fila e darsi da fare, si dilegua. Eppure mentre il ventriloquo Montezemolo usa ItaliaFutura come megafono, una musica simile si comincia a sentire anche dall'altra parte della barricata del patron della Ferrari. Là, dove combattono i Cipputi. Perché visto che la battaglia in fabbrica contro Marchionne rischia di finire male, forse è meglio ritirarsi a far politica contro Fassino. Proprio a Torino, in casa della Fiat, sarebbero infatti partite le grandi manovre della Fiom per scendere in campo alle prossime elezioni amministrative. Secondo quanto riferisce il sito LoSpiffero.com, solitamente ben informato sui rumors della politica sotto la Mole, da mesi dirigenti nazionali e locali del sindacato avrebbero iniziato a dialogare con pezzi importanti della società e dei movimenti radicali (dagli studenti in lotta alle sigle che compongono il variegato arcipelago della militanza di base) stringendo un patto sempre più stretto con la formazione di Nichi Vendola (Sinistra Ecologia e Libertà) e aprendo canali di interlocuzione con l'Italia dei Valori, in particolare con Luigi De Magistris. Ad alimentare i sospetti sono iniziative promosse in prima linea dalla Fiom e di sapore poco sindacale e più politico come la raccolta firme per il referendum sull'acqua pubblica, anche in questo caso al fianco di Sel e Idv. Del resto, non sarebbe neppure una novità: nella patria del Lingotto, ad ogni appuntamento elettorale, militanti e quadri dirigenti della Fiom hanno trovato ospitalità in varie liste, dal Pd a Rifondazione comunista e Comunisti italiani. Non solo. La mossa di Maurizio Landini e compagni sarebbe dettata dalla necessità di rompere l'isolamento proprio mentre a livello nazionale muove i primi passi l'associazione “Lavoro e Libertà” promossa da Sergio Cofferati e Fausto Bertinotti. E poi Torino significa Mirafiori, voti degli operai, visto che fra capoluogo e provincia i metalmeccanici della Cgil contano circa 20 mila iscritti. Ecco perché l'ingresso nell'arena politica appare qualcosa di più di una suggestione in vista della battaglia elettorale per il successore del sindaco Sergio Chiamparino. La Fiom avrebbe anche già trovato il candidato ideale: Giorgio Airaudo, oggi segretario regionale e responsabile dell'Auto nella segreteria nazionale. L'uomo giusto da schierare per eventuali primarie di coalizione o addirittura in alternativa a quello del Partito Democratico, se venissero negate. Approfittando anche della latitanza del Pd nei dibattiti sul lavoro e sulla figura un po' impolverata di Piero Fassino che si è fatto avanti a dicembre. Con Landini i rapporti sono tesi: «Andate prima nelle catene di montaggio e vediamo se poi ragionate ancora nello stesso modo», aveva tuonato il 29 dicembre il leader delle tute blu contro i dirigenti del Pd. «Conosco le fabbriche meglio di Landini e da delegato Pci per le fabbriche torinesi ho imparato che di fronte ai problemi veri non si sfugge, bisogna sporcarsi le mani», gli aveva risposto piccato il giorno dopo Fassino. Eccolo dunque il programma della Fiom: rispondere alle domande della parte più debole della società dimenticata dalla sinistra in cachemire, colmare il deficit di rappresentanza politica del lavoro, costringere partiti e aspiranti sindaci a fare i conti con i processi di riconversione industriale, le ristrutturazioni aziendali: a partire dalla madre di tutte le vertenze, la Fiat. Magari con una lista civica, magari con un aiutino di Vendola che entro il 22 gennaio dovrà scegliere il suo candidato da presentare ad eventuali primarie di coalizione e che guarda caso domani, a un giorno dal referendum sul contratto, sarà davanti ai cancelli della Mirafiori. A fianco della Fiom.

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