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Alta tensione sul dopo Pomigliano

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Chiusol'accordo con i sindacati per la riorganizzazione del lavoro nello stabilimento della Fiat di Pomigliano d'Arco, con il codazzo di polemiche sindacali e politiche, la tensione è rimasta alta tra i protagonisti della trattativa. Lo scontro tra sindacati, dopo l'ennesimo no della Fiom, isolata dalle altre sigle, è rimasto al calor bianco mentre la polemica non ha abbassato i toni anche nel campo politico. A mitigare il clima è stata la Confindustria che si è detta pronta a raggiungere un'intesa con i sindacati sulla rappresentanza. Ad aprire il confronto verbale è stato il segretario generale della Fiom, Maruzio Landini, strenuo difensore di situazioni sindacali più consone al mondo del lavoro degli anni'70 che alla sfida della globalizzazione del terzo millennio. Landini ha tuonato: «Siamo di fronte alla cancellazione del contratto nazionale di lavoro. Siamo addirittura di fronte al fatto e, trovo che sia un fatto gravissimo da parte di altre organizzazioni sindacali confederali, che si accetti di fare un accordo che esclude un'organizzazione sindacale». Secca la replica di Ernesto Auci, responsabile relazioni istituzionali del Lingotto, secondo il quale la posizione della Fiom è «incomprensibile». La Fiom, ha sostenuto Auci, «deve nel suo medagliere appuntare una medaglia di una lotta epica contro la Fiat, solo contro la Fiat». E non è tardata la risposta degli altri sindacati. Di tutti quegli altri che hanno messo da parte ideologie estreme per dedicarsi all'unica missione: salvare il posto di lavoro di migliaia di operai. Per il segretario confederale della Uil, Paolo Pirani, il contratto di Pomigliano «è sicuramente positivo perché garantisce il mantenimento di un'industria dell'automobile nel Sud migliorando i salari e creando un sistema partecipativo». Sulla stessa linea il segretario nazionale della Fim Cisl, Bruno Vitali, secondo il quale «il nuovo contratto porta lavoro e soldi». In campo a difesa non solo dell'accordo ma anche del nuovo clima che si è creato nelle relazioni industriali del Paese è sceso anche il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi per il quale l'accordo «non è nel segno di un'ideologia ma del pragmatismo e questo esprime la modernità del sindacato». Certo la spaccatura sindacale non giova a nessuno. Nemmeno alla Confindustria. Centinaia di medie imprese che si riconoscono nell'associazione di Viale dell'Astronomia non possono certo gestire situazioni di perenne conflitto tre le sigle nelle loro fabbriche. Così il vicepresidente di Confindustria, Alberto Bombassei, ha aperto una spiraglio sull'accordo per la rappresentanza. «La Confindustria - ha spiegato - è pronta a fare un nuovo accordo con Cgil, Cisl e Uil sulla rappresentanza sindacale». Intanto sul fronte politico, Pier Luigi Bersani, ha stigmatizzato l'esclusione della Fiom dalla rappresentanza Fiat, pur riconoscendo la necessità che l'azienda investa. «Per noi non è giusto che chi dissente venga tagliato fuori dai diritti sindacali - ha sottolineato il segretario del Pd - chi dissente non può impedire ma non può essere buttato fuori dai diritti sindacali». Per Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, «l'aspetto più grave di questa vicenda è che le posizioni di retroguardia giocano sulla pelle dei lavoratori». L'ex leader storico della Cisl ed ex presidente del Senato, Franco Marini, ha puntato il dito contro «il clima di guerra» sottolineando che «l'accordo andava fatto», e ha invitato a tenere bassi i toni.

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