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Senza l'euro non c'è avvenire

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Il presidente delle Generali Cesare Geronzi

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Lo sviluppo è il nuovo nome della pace, afferma la Populorum Progressio di Paolo VI, contrastando così tutte le visioni e le pseudo teorie che, già al tempo di quella fondamentale enciclica sostenevano tesi oggi ritornate di attualità con la "teoria della decrescita". Lo scopo del Pontefice era, in special modo, quello di fare uscire dalla fame, dall'analfabetismo, dalle malattie milioni di persone: era l'intervento di un'altissima Cattedra morale che affrontava, già in quel tempo, il tema della internazionalizzazione dell'economia, allora antesignana della globalizzazione. (...) Alla luce delle trasformazioni profonde verificatesi nell'economia e nella finanza, è maturo il tempo di una nuova e approfondita riflessione sul senso dell'economia e dei suoi fini, come vuole l'enciclica Caritas in veritate, partendo, innanzitutto, dalla considerazione che i costi umani sono sempre anche costi economici e le disfunzioni economiche comportano sempre anche costi umani. (...) 1. (...) Di per sé la globalizzazione - e l'insieme dei caratteri che possiede e di cui si è detto - non costituiscono certamente un fenomeno negativo. È il segno dei tempi. La globalizzazione può migliorare - favorendo lo sviluppo, come, per esempio, nei commerci - le condizioni di tutti coloro che dal fenomeno sono interessati. Ma, perché si concreti in un miglioramento del benessere e nel superamento di condizioni insostenibili di vita, la globalizzazione deve essere regolata. Per tornare alla Caritas in veritate, l'esplosione dell'interdipendenza mondiale rappresenta di per sé un'opportunità. Ma senza una guida, la spinta planetaria può concorrere a creare rischi di danni sconosciuti finora e di nuove divisioni nella famiglia umana. Occorre, dunque, orientare queste nuove dinamiche. 2. La globalizzazione negli ultimi quindici anni si è ulteriormente sviluppata. Più di recente, ha fatto leva sul debito e si sono così creati i presupposti per la crisi finanziaria globale scoppiata nel 2008. (...) È mancata, soprattutto, la regolamentazione finanziaria a livello globale. Gli organismi finanziari internazionali - Fondo Monetario, Banca Mondiale, Organizzazione mondiale del commercio - non dispongono tuttora delle necessarie attribuzioni, nonostante che da tempo si invochi un nuovo ordine monetario internazionale. (...) Il Financial Stability Board (FSB) ha positivamente elaborato una notevole massa di raccomandazioni e di indirizzi che ora gli Stati dovrebbero recepire nei loro ordinamenti. Muovono tutti dalla considerazione che è sulle banche - causa fondamentale della crisi - che occorre intervenire per rafforzare il loro capitale, ridurre i debiti e contrarre l'esposizione ai grandi rischi. 3. L'architettura finanziaria internazionale - fondata sul Fondo Monetario, sulla Banca Mondiale, sull'Organizzazione Mondiale del Commercio e sul FSB - nonostante le lunghe discussioni, non ha prodotto granché, a eccezione di quanto ha fatto il Board della Stabilità finanziaria e delle decisioni sui paradisi fiscali adottate dal G20 di Londra del 2009. (...) Torna qui la notazione contenuta nella Caritas in veritate secondo la quale gli Organismi internazionali dovrebbero interrogarsi sull'efficacia dell'azione delle proprie strutture. La crisi finanziaria ha insegnato la crucialità di una governance globale da costruire, fino all'ipotesi - di cui altre volte ho fatto menzione - della realizzazione di una sorta di embrionale banca centrale globale. Sull'avvio di un tale governo non si dovrebbe ulteriormente indugiare. (...) 4. Nei vertici internazionali l'azione dell'Europa in quanto tale è stata pressoché ininfluente. La tante volte auspicata single voice non si è fatta sentire. Subito dopo l'incontro di Seoul è scoppiata la crisi irlandese. (...) È stato affermato che la vicenda - seguita da gravi fibrillazioni in Portogallo e da forti preoccupazioni per la Spagna - rischia di mettere in forse la stabilità finanziaria dell'Unione Europea. Qualcuno si è spinto fino a ipotizzare l'uscita dall'euro di questo o quel Paese. (...) Non si volle, in preparazione del varo della moneta unica, neppure darsi carico di riflettere su ciò che sarebbe potuto accadere in presenza di shock asimmetrici nell'area dell'euro senza la possibilità per i singoli Paesi di usare la leva del cambio per contrastare gli attacchi alle proprie economie. Dopo aver aderito all'euro senza affatto darsi carico di tale aporìa nell'illusorio convincimento, che tarda a essere riconosciuto da tanti sostenitori dell'adesione, secondo il quale la moneta avrebbe poi trascinato l'economia, sarebbe oggi catastrofico decidere l'uscita dall'euro. E, allora, l'alternativa non può non essere un progresso nei meccanismi di integrazione, verso un vero governo economico, obiettivo ben diverso dalla rielaborazione in corso del Patto di stabilità, ma anche un avanzamento negli strumenti di prevenzione delle crisi e di intervento ex ante almeno nei casi di incombente contagio di instabilità. (...) 5. La crisi finanziaria, come si è detto, ha impattato sull'economia reale. Le previsioni della crescita mondiale sono ora nettamente inferiori a quelle effettuabili meno di due anni fa (...). Se, a livello globale, il principale problema oggi è quello dell'adeguatezza delle regole delle attività economiche e finanziarie e della mancanza di una vera Autorità politica mondiale - come sottolinea l'enciclica Caritas in veritate - a livello nazionale, le politiche per lo sviluppo debbono fare i conti, da un lato, con i crescenti problemi della finanza pubblica e con la crisi del Welfare State e, dall'altro, con il fatto che la lenta evoluzione degli organismi sopranazionali non surroga le carenze interne. (...) Più in generale, a fronte degli sviluppi della globalizzazione i poteri nazionali di intervento in questo processo appaiono sempre più inadeguati. Per di più, da tempo si manifestano fenomeni di crisi degli Stati nazionali. Alla globalizzazione della economia e della finanza tarda a rispondere la globalizzazione degli ordinamenti e del diritto, per non dire delle forme di solidarietà. Anzi, siamo in presenza della crisi del diritto internazionale e del superamento delle antiche ripartizioni delle branche del diritto, a cominciare dal diritto pubblico e il diritto privato. È, questa, la cruciale questione politica, istituzionale, economica e sociale dei prossimi anni. La risposta, almeno parziale, starebbe nell'affermazione dei principi della sussidiarietà in base ai quali tutto ciò che può essere fatto a un livello istituzionale inferiore non deve essere trasferito, con l'accentramento, al livello superiore. (...) Applicata all'interno del nostro Paese nella sua accezione verticale, è alla base dell'indirizzo del federalismo fiscale in corso di traduzione nell'occorrente corpus normativo. Ma al decentramento non possono non fare da pendant forme avanzate di cooperazione e di solidarietà a livello centrale. Si deve trattare, se se ne vogliono cogliere i frutti, di un federalismo solidale. E il disegno deve essere globale. (...) Ma la sussidiarietà, nell'accezione orizzontale, richiama l'esigenza della valorizzazione di attività che si possono ricondurre genericamente al "terzo settore", unendo insieme funzioni con una propria distinta fisionomia, quali il privato sociale, il non profit, il volontariato, le forme diffuse di assistenza, fino all'economia del dono. Nella limitatezza di mezzi del settore pubblico e nelle difficoltà di non poche imprese, le attività anzidette possono acquistare un ruolo maggiore. E, a questo proposito, auspico che abbia tempestiva attuazione l'impegno assunto dal Governo per il ripristino dei fondi del "5 per mille". (...) 6. Come è noto, l'Italia ha affrontato la crisi meglio di altri Paesi. Le banche italiane hanno reagito bene. A ciò hanno contribuito - come di recente ho ricordato - la normativa primaria e secondaria che regola, da un quindicennio, il sistema bancario; lo straordinario processo di consolidamento del settore attivato nel 1993 quando era convinzione diffusa, anche sulla stampa estera, che il sistema bancario fosse agonizzante; la tradizionale prudenza del banchiere; gli indirizzi dell'Organo di Vigilanza del passato e del presente e, da ultimo ma non per importanza, lo scudo apprestato dal Governo e dal Parlamento con i diversi provvedimenti a protezione delle banche e del risparmio. Ha, naturalmente, concorso la politica di finanza pubblica che ha consentito di avere le spalle coperte dalla messa in sicurezza dei conti dello Stato. (...)   7. Una volta approvata la legge di Stabilità si aprirà una fase nuova, i cui sviluppi dipenderanno molto dall'evoluzione dei rapporti politico-istituzionali. La partecipazione ai processi indotti dalla globalizzazione esige che si sia in grado di attrezzarsi sul piano della competitività e ciò comporta che siano affrontati i nodi della produttività. (...) Tra stabilità e crescita esiste - come da tempo sostengo - una stretta correlazione. Occorre agire su entrambe. La produttività, a sua volta, esige che si affronti il tema delle riforme di struttura che comprendono anche quelle rivisitazioni a costo zero che riguardano l'ordinamento giuridico, le liberalizzazioni, il rapporto tra pubblica amministrazione e iniziativa economica, la giustizia. Non si può trascurare che finora a trainare è stata la domanda estera. Ma non si può a lungo fare affidamento solo su questa. Sono necessarie misure per una spinta propulsiva interna, operando, come si è iniziato a fare dal Governo, con i provvedimenti progettati sugli incentivi e sul Mezzogiorno ed estendendo la gamma delle misure adottate. Va intensificata l'azione antievasione, già efficacemente intrapresa. (...) I risultati del contrasto dell'evasione potrebbero consentire anche una revisione delle aliquote, riducendo così il carico addossato ai contribuenti onesti. (...) *** Concludo queste riflessioni con alcune osservazioni di sintesi. La globalizzazione esige un rafforzamento della governabilità, a tutti i livelli e, nel contempo, lo sviluppo della sussidiarietà, del privato sociale, del decentramento istituzionale, in una logica cooperativa e solidale. (...) L'economia deve essere al servizio dell'uomo e lo sviluppo dovrebbe comprendere non solo la crescita materiale, ma anche quella spirituale, sulle tracce della Caritas in veritate. (...) La via da seguire è quella dell'economia sociale di mercato. La giustizia commutativa e l'etica non sono fattori che sopravvengono dopo che il mercato ha svolto le sue transazioni. Sono, debbono essere fattori intrinseci all'agire economico. (...) Oggi, tutti siamo chiamati a una prova concreta. Alla crisi che colpisce molti paesi europei e ai gravi rischi di instabilità finanziaria occorre reagire tempestivamente. Bisogna prevenire ogni ipotesi di attacco alla moneta unica. A essa, pur essendo stata costruita con un processo che presenta pecche di cui molti resistono a fare ammenda, è legato il nostro futuro, le prospettive delle nostre economie. Occorrono, però, riforme nell'architettura finanziaria dell'Unione; in particolare, bisogna rafforzare l'Eurosistema e dotare le istituzioni comunitarie di un piano anticontagio generale. Non va perso altro tempo nell'affrontare il caso del Portogallo. E contestualmente bisogna procedere, a livello europeo, su due versanti, delle riforme strutturali e dell'impulso alla crescita. Non sembra opportuna in questo quadro, un'uscita, oggi, dalle misure non convenzionali di politica monetaria. È stata, dunque, opportuna la decisione assunta dalla Bce di non attivare il rientro di tali misure. Le parole di Jean-Claude Trichet sulle tensioni debbono far riflettere tutti e confermare l'esigenza di tenere alta la guardia. (...) Al nostro interno, dobbiamo affrontare i temi della produttività e della competitività, intervenire con un approccio riformatore, in particolare, nel terziario, nel Welfare e nel settore pubblico: così potremo dare risposte e speranze ai giovani, alle famiglie, al lavoro in genere, alla ricerca. (...) I fondamentali della nostra economia sono complessivamente rassicuranti. È stata compiuta un'operazione molto apprezzabile per il controllo della finanza pubblica. Il momento istituzionale è complesso e delicato. Occorre affrontarlo con serenità. Tocca all'Eurosistema e all'Unione impedire che sia messa in forse la stabilità monetaria e quella finanziaria dell'area. Senza la moneta unica non c'è avvenire, lo ripeto. Essenziale è la preservazione di un assetto di stabilità istituzionale, economica e finanziaria. Non possiamo, tutti noi dell'Unione europea, passare alla storia come coloro che non sono stati in grado di controllare e capovolgere in positivo una forte turbolenza che ha in sé i presupposti dell'effetto-alone. La speranza, nel tempo dell'Avvento nel quale si inscrive questo ciclo di Conferenze, è che governi e istituzioni, alla fine, riescano a prevenire il materializzarsi dell'instabilità, avendo di mira il bonum commune.

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