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"C'è la camorra dietro l'emergenza"

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Stefano Caldoro

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Attraversa a passo svelto piazza Colonna. Ha appena finito la conferenza Stato-Regioni sui rifiuti. Cammina svelto, dietro di lui i consiglieri regionali Fulvio Martusciello e Daniela Nugnes. Stefano Caldoro, il presidente della Campania, procede svelto verso il Senato. Incrocia un vecchio amico, Emidio Novi. Lo saluta: «Quando stiamo a pranzo, dobbiamo parlare». Poi corre via. Ma riesce a sfogarsi, tra un passo e l'altro, in direzione di palazzo Madama, dove lo attendono i parlamentari campani: «È una battaglia, tutti i giorni una battaglia. Ma noi andiamo dritto. Andiamo dritto», ripete ossessivamente il governatore. Vestito blu, impermeabile dello stesso colore, Caldoro glissa le domande su Mara Carfagna, che lo propose e sostenne nella sua corsa al posto che era stato di Antonio Bassolino: «Andiamo avanti. Andiamo avanti». Vabbè, ma che fa il ministro Carfagna? Si dimette? «Andiamo avanti», insiste il governatore. Pare che il decreto però potrebbe andare incontro alle richieste del ministro: «Guardate, voi giornalisti andate dietro alle chiacchiere. Qui il decreto è stato fermato dal Tesoro, c'erano delle perplessità, e lo capisco. È un testo che vale tra 300 e 400 milioni. Non risolverà tantissimo, ma intanto non è poco». E accelera il passo. Supera palazzo Montecitorio, guarda avanti, senza soffermare mai lo sguardo su niente e nessuno. Incrocia il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, saluti e via dritto. A piazza Capranica, all'ennesima domanda sul caso Carfagna, Caldoro sbotta: «Ma basta! Voi giornalisti vivete nel palazzo, non vi rendete conto di come sta la gente. Io vivo in mezzo a loro, a Napoli è un disastro. Abbiamo i cumuli dell'immondizia fino alla gola. È un disastro. Combattiamo contro la camorra». Come la camorra? Caldoro si ferma e guarda negli occhi l'interlocutore: «Ancora non l'ha capito? C'è la camorra dietro quello che sta accadendo. È la camorra che ci guadagna dal sistema che non parte, che non va a posto, dalla continua emergenza. I clan lavorano per non risolvere il problema, così fanno quello che vogliono. E poi ci sono tante altre cose che non sono chiare. Appena Berlusconi ha detto che in dieci giorni i rifiuti sarebbero stati tolti dalla strada, è successo di tutto. Un impianto stir (per lo stoccaggio provvisorio, ndr) di Giugliano è stato chiuso, non si capisce perché. Ci sono stati strani scioperi nella raccolta, assenze dei lavoratori. È una battaglia. E voi pensate alle chiacchiere».   Arriva davanti al Pantheon, sospira: «Alle volte sembra peggio del Bangladesh». Lo ferma un'amica, che gli chiede che sta succedendo. Lui: «Abbiamo appena concluso la conferenza con le Regioni, tutto bene». Lei: «Ci danno una mano? Prendono un po' di rifiuti anche le altre Regioni?». Lui serio: «Tutte, sì. Tranne due, Veneto e Piemonte». Allarga le braccia e tira dritto, taglia la piazza, passa davanti alla Rotonda fendendo le frotte di turisti. E si sfoga ancora: «È una battaglia. Risolviamo un problema e se ne creano altri dieci. Ma andiamo avanti lo stesso. Con pazienza. Li risolviamo uno a uno. Voi non vi rendete conto, pensate solo alle battute. Non avete idea di che cosa sono i problemi della gente. Oltre ai rifiuti, io ho il dramma della sanità. C'è una Asl, la Napoli 1, la più grande d'Europa, che ha venticinquemila pratiche arretrate. E più si va avanti più produce debito. Il 60 per cento del debito della sanità proviene da quella Asl». Ma perché non caccia i manager e ce ne mette uno decente? «L'ho fatto, abbiamo nominato il presidente dei commercialisti. Sta facendo un gran lavoro, ma lei crede che possa bastare un anno?». Arriva in piazza Sant'Eustachio, lo aspetta Nicola Formichella, un giovane deputato che lo scorta al gruppo del Pdl. Sale in ascensore: «Ho visto Berlusconi in grande forma. Anche noi riusciremo a risolvere il nostro problema. Ma non v'aspettate che si chiuda tutto in 36 ore, nemmeno 36 giorni. Ci vogliono almeno 36 mesi».

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