Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

segue dalla prima di FRANCESCO DAMATO (...) del Consiglio per negoziare «agenda e programma» di un suo nuovo governo, come gli ha chiesto ieri di fare Gianfranco Fini, in quale veste lo stesso Fini sarebbe chiamato al Quirinale, dove all'aper

default_image

  • a
  • a
  • a

Ilquale si è compiaciuto di lasciarli per ora al loro posto, avvertendo che non vi rimarranno un minuto in più se Silvio Berlusconi dovesse resistere come «un paracarro» alla spallata di quello che sulla carta dovrebbe ancora essere considerato un suo alleato. Anche di fronte a questo strano passaggio, e modo d'intendere e di vivere le istituzioni da parte del presidente della Camera, il capo dello Stato non avverte alcun disagio? Non ritiene di dover dire qualcosa, lui che di solito non si lascia scappare occasione, qualche volta anche esagerando, per richiamare all'ordine chi se ne discosta? Fa infine parte di questa confusione di rito futurista l'idea di Fini di reclamare la crisi, con la logica di una discontinuità già pretesa in passato da governi di cui faceva parte, in un periodo così delicato come questo, mentre il Parlamento è alle prese con le scadenze della nuova versione della legge finanziaria, che si chiama legge di stabilità. È stupefacente che di questa inquietante coincidenza abbia mostrato di non rendersi conto uno che è ancora, e pur sempre, il presidente della Camera. Il quale deve essere stato stordito dall'onnipotenza attribuitagli dai suoi amici di partito, senza distinzione tra uomini e donne, tra giovani e anziani, tra falchi e colombe, che si sono avvicendati ieri mattina sul palco di Bastia Umbra dicendo a Fini, testualmente: «Fai di noi quello che vuoi». Sono gli stessi che, con Fini, deplorano o deridono i berlusconiani usi a gridare o cantare «Meno male che Silvio c'è». Mi ha particolarmente colpito quel «fai di noi ciò che vuoi» in bocca alla senatrice Barbara Contini, approdata in Parlamento in una lista rigorosamente bloccata di candidati del Pdl, non certamente contro la volontà di Berlusconi, da un'esperienza internazionale impegnativa come quella di governatrice di Nassirya durante la missione militare italiana in Iraq. Ineguagliabile, questa Contini, come quell'apprendista gerarca che ad un congresso del Pci riuscì a stupire il pur esigentissimo Palmiro Togliatti chiedendo «ordini ai quali ubbidire». Ineguagliabile pure quell'Italo Bocchino che l'altro ieri ha gridato a Fini: «Tutti, tranne te, dobbiamo essere messi alla prova del consenso interno». Anche il Duce forse sarebbe scoppiato a ridere. Fini no.

Dai blog