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Il partigiano Gianfry: "Mai leggi per il Cav"

Gianfranco Fini a Roma

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Gianfranco Fini si spoglia. Mette da parte i vestiti di presidente della Camera, di garante imparziale di quello che avviene in aula e indossa quelli di leader di un partito che nel mirino ha sempre più il premier. E dice chiaro e tondo che Futuro e Libertà farà «interdizione sulle leggi che servono unicamente a Berlusconi». Insomma una minaccia non più fatta intravedere tra le righe di dichiarazioni sempre sul filo della polemica ma una dichiarazione di guerra che arriva direttamente dalla terza carica dello Stato. Gianfranco Fini parla dal palco del cinema Adriano di Roma, nella convention piovosa e uggiosa che dovrebbe servire a piazzare la bandierina di Futuro e Libertà nel territorio dove tutto è ancora in mano agli ex di Alleanza Nazionale. Ad ascoltarlo ci sono poco meno di un migliaio di persone, la maggior parte nella sala, altri davanti ai maxischermi preparati nei corridoi del cinema. All'entrata uno dei gadget che va più a ruba è la maglietta con la foto di Fini con l'indice minaccioso e la frase «Che fai mi cacci?». Quando il «capo» arriva le prime file scattano in piedi, in platea c'è gran parte dell'ala «dura» del movimento visto che l'incontro è preparato da Generazione Italia: ci sono Italo Bocchino, Flavia Perina, Potito Salatto, Luca Barbareschi. E poi ancora il coordinatore del comitato promotore di Futuro e Libertà Adolfo Urso, Donato Lamorte, Giuseppe Consolo, i romani Claudio Barbaro e Paola Guerci. Mancano invece tutti gli esponenti di AreaNazionale, la parte moderata dei finiani. Non c'è Roberto Menia ma manca soprattutto Silvano Moffa che a Roma è uno dei deputati di Fli che più ha peso. Le due componenti di Futuro e Libertà, si sa, si sopportano poco. Per capire se potranno dialogare bisognerà aspettare l'appuntamento di sabato e domenica prossima a Perugia, dove Fini darà vita al partito vero e proprio. Al cinema Adriano, intervistato dal direttore de Il Messaggero Roberto Napoletano, il presidente della Camera fa capire subito di voler mettere sotto scacco Berlusconi. Sfruttando la polemica dell'inchiesta su Ruby, la ragazza marocchina rilasciata dalla Questura di Milano dopo una telefonata che sarebbe arrivata dalla presidenza del consiglio. «Sono amareggiato dalle ultime vicende politiche di cui sarebbe meglio non parlare – è l'esordio – l'Italia ha bisogno di un biglietto da visita migliore di quello che stiamo presentando». Tema sul quale torna a martellare qualche minuto dopo: «Il Paese è fermo, dilaniato da mille polemiche. Il nostro esecutivo stenta a indicare una via per la ripresa. Eppure il centrodestra come lo avevamo immaginato, e non come è diventato, sarebbe in grado di spiazzare tutti». Fini parla della necessità di fare le riforme e di soldi mal spesi perché servono solo a far star buona la Lega: «Non si trovano i denari per coprire le spese. Però le risorse saltano fuori quando la Lega batte i pugni sul tavolo per difendere 200 ultrà delle quote latte». Critiche che servono a Fini ad arrivare al nocciolo del suo ragionamento, la fedeltà al governo: «Faremo interdizione sul pacchetto fiscale? No, perché non è stato presentato. Interdizione sul piano per il Mezzogiorno? No, perché non è stato presentato. Interdizione sulle leggi che servono unicamente per Berlusconi? Sì».   Il premier è il centro attorno al quale gira tutto l'intervento di Fini. Poche, pochissime parole sulla vicenda dell'appartamento di Montecarlo dove abita il cognato Giancarlo Tulliani – «Aspettiamo, il tempo sarà galantuomo» – grande disponibilità invece a commentare l'inchiesta su Ruby, una vicenda che il leader di Futuro e Libertà definisce «imbarazzante perché sta facendo fare all'Italia una pessima figura». «Il punto sul quale Berlusconi deve fare chiarezza – spiega – è se c'è stato o meno il diretto intervento per evitare che la questura di Milano identificasse quella ragazza, per modificare la prassi. Se quell'intervento c'è stato, e uso il condizionale, e se è vero che è stato detto che quella signorina era parente di un capo di Stato, dimostrerebbe che c'è stata una certa disinvoltura e malcostume nell'uso privato di incarico pubblico. E a quel punto non sarebbe più una vicenda soltanto privata». La sala applaude prima della chiusura finale sui tre temi che secondo Fini caratterizzeranno Futuro e Libertà: «L'idea di Nazione, pensando a quello che l'Italia sarà tra 20 anni, la legalità, che non vuol dire immunità, il lavoro come unico elemento per produrre ricchezza». La platea si svuota e all'irriducibile che urla «Gianfranco sei forte», Fini risponde «sì, come l'aceto».  

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