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Il tribunale: "Ruby doveva andare in comunità"

Una foto di Ruby tratta da Facebook

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Ruby doveva essere collocata in una comunità la notte in cui venne fermata e portata in Questura a Milano, dopo la denuncia di furto da parte dell'amica con cui fino a poco tempo prima aveva condiviso l'appartamento. E questo perchè lo aveva disposto il pm dei minori di turno quel giorno, Annamaria Fiorillo, dopo gli accertamenti sulla sua identità e sulla sua problematica situazione. Quella sera, quando Ruby venne accompagnata dagli agenti delle volanti negli uffici di via Fatebenefratelli, era una delle tante minorenni «non accompagnate» che forse aveva commesso un reato. In più era sprovvista di qualsiasi documento di identità. Gli agenti, come accade sempre in questi casi avvisarono il pm minorile il quale, intervenendo in una situazione di urgenza, prima di prendere qualsiasi provvedimento «tampone», chiese di indagare sulla ragazza. Innanzitutto vennero cercati i suoi documenti a casa dell'amica che l'aveva denunciata e dove Ruby, come lei stessa aveva detto, aveva vissuto però non come ospite ma pagando l'affitto. Nulla da fare, i documenti non c'erano. Inoltre vennero prese le impronte digitali della ragazza e, dai controlli ai terminali, si riuscì a risalire ai suoi dati anagrafici. Pian piano venne a galla una parte del passato «turbolento» della fanciulla. Spuntò una denuncia di scomparsa da una comunità in Sicilia a cui era stata affidata dal Tribunale per i Minori di Messina che già aveva aperto un fascicolo nell'interesse della ragazza marocchina. Considerata la situazione di incertezza il pm Fiorillo decise così che Ruby andava «protetta», disponendo, quindi, la sua collocazione in comunità. E questo anche se gli agenti avvertirono il magistrato che c'era una persona, «un consigliere ministeriale presso la Presidenza del Consiglio» - si legge negli atti del procedimento civile di Ruby - disposta a prendersi cura di lei, a prenderla in affidamento. A chiarire di chi si trattasse è stata ieri la Questura di Milano: «Dagli atti risulta che la stessa venne affidata alla sig.ra Nicole Minetti che, come noto, è un consigliere Regionale della Regione Lombardia, e quindi non un consigliere ministeriale come erroneamente menzionato nei verbali stessi», ha precisato. Da questa fase in poi sarà l'inchiesta a stabilire che cosa accadde nei momenti successivi: se quella notte c'era o non c'era una struttura protetta in grado di ospitare la giovane e come si arrivò a consegnarla alla consigliera regionale Nicole Minetti, ex igienista dentale di Berlusconi. Gli inquirenti dovranno anche approfondire la questione della telefonata arrivata da Palazzo Chigi alla Questura in cui il premier avrebbe sostenuto che la minorenne era nipote del presidente egiziano Mubarak e che per tanto, era meglio evitare di trasferirla in una struttura di accoglienza.

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