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Cravatte addio

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Ignazio La Russa e Pier Ferdinando Casini

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Vi ricordate le vignette di Angese su Martelli&Craxi? Il «delfino» correva sempre trafelato e ripeteva, inseguendo Bettino: «Sì capo, sì capo». Si metteva alla berlina l'appiattimento portaborsistico dei vice sulla figura del leader. E però erano replicanti soltanto nel campo degli slogan. Della tattica. Ma il look no. Ciascuno aveva il suo, nell'illusione che gli stesse bene. Invece adesso manco l'abito serve a distinguersi. Pensiero unico anche sul vestito. Il capo fa così? Faccio così anch'io. La faccenda è esplosa da qualche tempo ma ultimamente ha registrato un'escalation ridicola. E riguarda l'accessorio più maschile, più raffinato, più soggettivo: la cravatta. Berlusconi, l'esegeta del blu a pallini Marinella, un bel giorno ha deciso che camicia blu col colletto aperto gli sta bene. Trendy, giovanile, comunicativa.   E così, a partire dall'incontro coi Circoli della Libertà al Nuovo di Milano (era un lontanissimo 2008) il Cav spesso e volentieri mostra il colluccio rasato, presumibilmente disteso da lievi tocchettii di dita, da sapienti massaggi per spianare certe grinze dell'età. Non l'avesse mai fatto. Dietro gli sono andati tutti. Di destra, centrodestra, centro-centro. Di sinistra, centrosinistra, antagonisti. Trasmigratori, traghettatori. Api e liberali. Pian piano si sono scrollati la noia di farsi il nodo Fini e Veltroni, Casini e Rutelli. Con risultati talvolta imbarazzanti. Pierferdy, per esempio. Al piacione emiliano nuocciono le rughe sotto il mento, specie ora che è tutto brizzolato. Idem Francesco pane e cicoria, un altro che non deve deludere mai. Veltroni, che non è una bellezza, peggiora mostrando il doppiomento morbidotto. Per non parlare di Bertinotti, che uscito finalmente dallo scranno più alto di Montecitorio, ha impazzato con le camicie informali e ha raddoppiato la collezione di cachemirini. Fini, poi, è un caso a parte. La singolar tenzone con il «capo» Silvio gli ha consigliato di tornare all'aplomb istituzionale. Della serie: «Io sono la terza carica dello Stato, tu la quarta. E te lo dimostro anche con il look». Però che disastro quella cravatta rosa esibita nell'occasione clou, la direzione nazionale della discordia. Con un'aggravante. L'emulazione dei fedelissimi. Bocchino a festa con le cravatte color fiocco delle neonate è un bambolotto che vuol mostrare i muscoli. Altrove si segnalano disastri politici. Bersani, quando opta per il casual, è così inconsistente da meritare l'ultima pagina dell'Unità. Dimentica che Togliatti buonanima la borghesissima cravatta non se la toglieva mai. E si allinea ai terzomondisti Chavez e Morales, al fondamentalista Ahmadinejad, veri e propri terroristi del colletto slacciato. Un conformismo kamikaze, peggio di quello che ha impazzato al Tg1 quando Riotta faceva l'americano e dava le notizie in maniche di camicia tirandosi tutti appresso, in primis il damerino David Sassoli. Ma il motivo che rende il vezzo insopportabile risiede nel fatto che il «no cravatta» ignora, oltre alle leggi dell'estetica, quelle delle buone maniere e del protocollo. Il Cav fa il ragazzetto quando si può. Mica nelle occasioni ufficiali. Invece c'è una sfilza di ministri con colletto alla buona, pure quando il «capo» rimette l'eterno pois uscito dalla boutique napoletana. Per esempio al comizio di piazza San Giovanni, l'ultima spiaggia prima delle regionali e dopo il pasticcio delle liste del Pdl. Silvio sul palco in cravatta a guadagnarsi il governatorato per la Polverini. I suoi, da La Russa ad Alfano, liberi da nodi scorsoi. Silvio li avrebbe strozzati.  

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